Recensione per Il profumo della dolce vita
Titolo originale: Her
Paese: U.S.A.
Anno: 2013
Durata: 126 min.
Genere: romantico, drammatico
Regia: Spike Jonze
Soggetto: Spike Jonze
Sceneggiatura: Spike Jonze
Cast: Joaquin Phoenix, Rooney Mara, Amy Adams, Scarlett Johansson, Olivia Wilde, Chris Pratt, Portia Doubleday
Se dovessimo quantificare le ore che spendiamo “con” Facebook o “con” Twitter, probabilmente rimarremmo stupefatti. Non è, infatti, molto lontano dal vero dire che trascorriamo più tempo “con” internet che con i nostri amici.
Naturalmente, ciò tende ad essere visto come un sintomo del decadimento delle nuove generazioni, incapaci di costruire relazioni “reali” con gli altri individui; non si contano gli articoli e gli approfondimenti sull'argomento.
Ma se ribaltassimo la prospettiva? Se non considerassimo il tempo trascorso con un apparecchio artificiale necessariamente un male?
E' ciò che fa Spike Jonze in Lei (titolo originale: Her), nelle nostre sale in questi giorni e premiato agli scorsi Academy Awards per la migliore sceneggiatura originale.
In un mondo perfettamente integrato con le macchine, il protagonista di Lei, Theodore, è un uomo tormentato dai fantasmi del passato e incapace di accettare il divorzio. Egli riscopre finalmente l'amore grazie ad un sistema operativo chiamato Samantha, che in un primo tempo sembra solo una voce che ascolta i suoi problemi, con l'obiettivo di risolverli. Tuttavia, ben presto si scopre che Samantha è dotata, altresì, di una coscienza ed una vita autonoma, nutre le sue passioni ed irremediabilmente le sue esigenze si evolvono, scontrandosi con quelle di Theodore.
Il problema della coscienza della macchina è antico: da Hal 9000 di 2001 – Odissea nello spazio al recentissimo Oblivion. Tuttavia, nessuno mai prima di Spike Jonze aveva rappresentato in questi termini una storia d'amore con un'intelligenza artificiale.
Samantha, infatti, se da un lato è affine ai replicanti di Blade Runner oppure ai più recenti cloni di Non Lasciarmi, allo stesso tempo si distacca completamente dai suoi archetipi. I replicanti e i cloni aspiravano ad essere uomini. Samantha aspira solo ad essere se stessa. E, alla fine, non sarà più Samantha a rincorrere Theodore, ma Theodore a rincorrere Samantha.
Straordinarie le prove attoriali di Joaquin Phoenix, da un lato, che per buona parte del film è “solo” un ascoltatore, e di Scarlett Johannson, dall'altro, che, sebbene abbia a disposizione solo la propria voce, mantiene completamente inalterata la propria sensualità.
Naturalmente, ciò tende ad essere visto come un sintomo del decadimento delle nuove generazioni, incapaci di costruire relazioni “reali” con gli altri individui; non si contano gli articoli e gli approfondimenti sull'argomento.
Ma se ribaltassimo la prospettiva? Se non considerassimo il tempo trascorso con un apparecchio artificiale necessariamente un male?
E' ciò che fa Spike Jonze in Lei (titolo originale: Her), nelle nostre sale in questi giorni e premiato agli scorsi Academy Awards per la migliore sceneggiatura originale.
In un mondo perfettamente integrato con le macchine, il protagonista di Lei, Theodore, è un uomo tormentato dai fantasmi del passato e incapace di accettare il divorzio. Egli riscopre finalmente l'amore grazie ad un sistema operativo chiamato Samantha, che in un primo tempo sembra solo una voce che ascolta i suoi problemi, con l'obiettivo di risolverli. Tuttavia, ben presto si scopre che Samantha è dotata, altresì, di una coscienza ed una vita autonoma, nutre le sue passioni ed irremediabilmente le sue esigenze si evolvono, scontrandosi con quelle di Theodore.
Il problema della coscienza della macchina è antico: da Hal 9000 di 2001 – Odissea nello spazio al recentissimo Oblivion. Tuttavia, nessuno mai prima di Spike Jonze aveva rappresentato in questi termini una storia d'amore con un'intelligenza artificiale.
Samantha, infatti, se da un lato è affine ai replicanti di Blade Runner oppure ai più recenti cloni di Non Lasciarmi, allo stesso tempo si distacca completamente dai suoi archetipi. I replicanti e i cloni aspiravano ad essere uomini. Samantha aspira solo ad essere se stessa. E, alla fine, non sarà più Samantha a rincorrere Theodore, ma Theodore a rincorrere Samantha.
Straordinarie le prove attoriali di Joaquin Phoenix, da un lato, che per buona parte del film è “solo” un ascoltatore, e di Scarlett Johannson, dall'altro, che, sebbene abbia a disposizione solo la propria voce, mantiene completamente inalterata la propria sensualità.
Voto: 8
Se vi è piaciuto, guardate anche: Non lasciarmi, Blade Runner
Film splendido, uno dei migliori dell'anno.
RispondiEliminaTematiche profonde per sentimenti profondi.
trovo molto giusto l'accostamento a BLADE RUNNER
RispondiEliminala città è la stessa, il periodo idem (là era il 2019, qui siamo in un futuro imprecisato tra 5 o 10 anni...) là Rick si innamora della replicante Rachael, qui Theodore ama Samantha...
si potrebbe accostare a un racconto di ASIMOV: ne L'ULTIMA DOMANDA un manufatto umano (chiamato AC) si evolve oltre ogni limite immaginabile ("il suo rapporto con il tempo e con lo spazio non era concepibile dalla mente umana...") e alla fine ricrea l'universo
ottima analisi, che mette bene in evidenza la differenza di questo film da tanti altri apparentemente simili, ma in realtà per mentalità parecchio lontani dall'opera del geniale spike jonze
RispondiEliminaRispetto la tua analisi ma ho trovato questo film asfisiante. Vabbè, de gustibus. In fondo però siamo sulla stessa linea di lettura e credo che il problema stia tutto nel come viene percepito il film e l'estetica del film.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaCon Blade Runner c'è più differenza: lì distopia, qui un futuro in cui la tecnologia è più dentro la socialità di come la conosciamo adesso, ma lo scarto col contemporaneo è minimo.
RispondiEliminaEffettivamente il film rappresenta lo stare "con" un'applicazione-sistema operativo, invece di stare "su" di esso. Un'osservazione calzante :)
a me è piaciuto moltissimo...
RispondiEliminasarà che non mi aspettavo nulla di diverso da questa sensuale storia d'amore platonica, eppure veritiera
Ciao Antonella! Mi chiamo Silvia, sono l'autrice del blog "La vita in lilla" e sono una tua nuova follower :) Sono molto appassionata di cinema e spero di trovare molti spunti interessanti dal tuo blog sui prossimi film da vedere :)
RispondiEliminaGran bella recensione. Io me ne sono totalmente innamorata, delicato, dolce nonostante l'assurdità della storia.
RispondiEliminaHo aperto un blog da poco, se ti va passa a dare un'occhiata.
http://myindiepoptaste.blogspot.it/