giovedì 14 ottobre 2010

Clint Eastwood sul suo nuovo film HEREAFTER


da La Repubblica , 11 ottobre 2010

A parte un cenno nel suo allegorico western Pale Rider, nulla nella carriera di Clint Eastwood ci aveva preparato al nuovo film Hereafter - dopo il festival di Toronto ha chiuso ieri il New York Film Festival: uscirà negli USA il 22 ottobre e dal 3 gennaio in Italia - toccante fuga verso il soprannaturale, audace indagine sulla possibile esistenza di vita dopo la morte. A 80 anni compiuti Eastwood continua, così, a sorprendere: non solo abbandona generi cinematografici più sicuri, ma apre il film con una delle sequenze più spettacolari del suo cinema e del cinema in generale: lo tsunami del 2004 in Thailandia ricostruito alle Hawaii e ai Pinewood Studios di Londra. Il film intreccia tre storie: una giornalista (Cecile De France), un ragazzino e un uomo con capacità paranormali (Matt Damon). Peter Morgan aveva scritto il copione anni fa dopo aver perso un caro amico. Quando il suo agente lo porta a Spielberg, Spielberg lo passa al suo amico Clint Eastwood. "Non si vedono molti film oggi che uniscano l'aspetto spirituale a quello romantico", dice il regista. "È una storia spirituale ma senza connotazioni religiose vere. Certo, le religioni si domandano cosa c'è dopo la vita, ma questa storia mi è piaciuta proprio perché la religione non c'entra. So che prima o poi tutti a un certo punto pensano o hanno pensato alla morte. La storia del film è una fantasia, ma sarebbe fantastico se ci fosse qualcosa del genere lassù". E Matt Damon: "Il film parla di morte ma lancia un messaggio di vita".

Signor Eastwood, non è che facendo questo film si è convinto che c'è una vita dopo la morte?"No. Ho parlato con persone che sostengono di aver avuto esperienze vicine alla morte e tutte dipingono scenari simili. La verità è che non sappiamo cosa succede dopo, nessuno lo sa, sappiamo solo che da questa parte c'è un finale. Ognuno ha la sua idea su quello che c'è o non c'è, ma sono tutte cose ipotetiche. Il film solleva tante domande e sta al pubblico rifletterci sopra".

Ha mai provato momenti in cui si è sentito vicino alla morte?"Ricordo quando ero molto piccolo, forse avevo quattro anni, mio padre mi portava sulle spalle in mare mosso, sono caduto nell'acqua. Vedo ancora il colore dell'acqua mentre mi rigirava sotto sopra, ma a quell'età non pensi molto, non hai ancora imparato le parolacce, non ti domandi cosa ti stia succedendo. Un'altra volta, a 21 anni in aereo, durante una terribile turbolenza poco fuori dalla California, ebbi paura di morire ma tutto quello su cui riuscivo a concentrarmi erano delle luci che vedevo in lontananza e pensavo, qualcuno lì ha fatto un fuoco e beve birra e vorrei essere lì. Non ho pensato al destino o alla morte".

Allora come mai le è subito piaciuto il soggetto?"Questo non è il genere di film che ti vuole dare risposte. È un film sulla curiosità, sul senso di mistero e di incompletezza che tutti sentiamo".

Più va avanti con gli anni meno lei accenna a smettere di lavorare."Non ne ho nessuna intenzione. L'anno prossimo farò un film su J. Edgar Hoover, agente dell'Fbi, con Leonardo Di Caprio".

Irrefrenabile."Conoscevo un po' Frank Capra, ho passato del tempo con lui a June Lake dove viveva d'estate, ed era così intelligente, mi domandavo perché non facesse altri film. O Billy Wilder, che ha smesso di lavorare negli anni '60, mi sono sempre domandato perché. Forse non trovavano storie che gli piacessero, o avevano fatto dei film che non erano andati bene, e Hollywood in questo non perdona. Ma secondo me i migliori anni della vita sono quando si ha più conoscenza: c'è un regista portoghese che fa ancora film e ha più di 100 anni, Manoel De Oliveira, e io ho in programma di fare la stessa cosa".

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