lunedì 1 aprile 2013

UN GIORNO DEVI ANDARE


Titolo originale: Un giorno devi andare
Paese: Italia, Francia
Anno: 2013
Regia: Giorgio Diritti
Genere: Drammatico
Durata: 110 min. 
Cast: Jasmine Trinca (Augusta), Pia Engleberth (Suor Franca), Anne Alvaro (Anna), Sonia Gessner (Antonia), Amanda Fonseca Galvao (Janaina), Paulo De Souza (Joao)
Soggetto: Giorgio Diritti, Fredo Valla
Sceneggiatura: Giorgio Diritti

L’ultimo film scritto e diretto da Giorgio Diritti, Un giorno devi andare, è un viaggio alla scoperta di un mondo molto diverso da quello cui siamo abituati. Il tentativo di Diritti di proporre un film “altro” rispetto al desolante panorama del cinema italiano è, ancora una volta, lodevole dopo i suoi precedenti lavori, Il vento fa il suo giro e L’uomo che verrà.
Jasmine Trinca interpreta Augusta, una trentenne, che dopo la separazione dal marito, parte per aiutare un’amica della madre, suor Franca (Pia Engleberth), nelle missioni nei villaggi indios situati lungo il Rio delle Amazzoni.
La metafora del viaggio viene utilizzata da Diritti non semplicemente come fuga dal dolore, bensì come ricerca del significato della vita e della morte in un ambiente estremamente consapevole delle difficoltà che la natura, “madre matrigna”, pone.
La storia si svolge dapprima in alcuni villaggi lungo il Rio delle Amazzoni, dove viene mostrata la vita degli indios, fatta soprattutto di privazioni, ma anche di un’autenticità nel rapporto con la natura e con gli altri esseri umani sconosciuta ad Augusta. 
Nella seconda parte, veniamo introdotti nella favela di Manaus, dove la protagonista riesce ad inserirsi nella comunità locale, nonostante le differenze sociali, educative ed economiche, trovando finalmente una propria identità lontana dagli schemi precostituiti del mondo occidentale.
Nonostante le innumerevoli incertezze della nostra esistenza, Un giorno devi andare suggerisce con decisione l’importanza di alcuni valori, che vanno al di là di un singolo credo religioso, quali l’affettività, il rispetto per la natura, l’importanza della vita comunitaria. Il titolo dell'opera sembra esprimere quel sentimento che spesso l'essere umano prova, quando percepisce di dover cambiare significativamente la propria vita. Per alcuni, è la chiamata di Dio, per altri la scoperta che la nostra vita, comunque agiata, non è in grado di donarci la serenità.
Il film rappresenta un equo bilanciamento tra indagine umana e indagine sociale; se, da un lato, tale aspetto costituisce un limite del lavoro di Diritti che non va a fondo né nella prima che nella seconda direzione, dall’altro la scelta dell’autore non poteva essere diversa, essendo ognuno di noi un singolo individuo inserito all’interno di una comunità, dalla quale è continuamente influenzato e che continuamente influenza.

Voto: 7

Se ti è piaciuto guarda anche: I diari della motocicletta di Walter Salles, The new world di Terrence Malick

2 commenti:

  1. Concordo con tutto quello che hai detto Antonella, però resta il fatto che per me è un film di una noia mortale... la prima parte è di un realismo a mio avviso eccessivo che distoglie lo spettatore dalla vicenda: quelle riprese interminabili sul fiume e sulle favelas, intervallate dalle smorfie e gli occhi bassi di Jasmine Trinca (senza che ci venga detto il perchè) metterebbero a dura prova anche il cinefilo più tollerante. E anche il messaggio, in fondo, è piuttisto scontato: molto meglio comunque la parte 'brasiliana' delle bigottissime sequenze 'italiane'...

    RispondiElimina
  2. Eravamo un pò indecisi....ma forse andiamo comunque.....la Trinca mi incuriosisce!

    Antonella abbiamo deciso di darti un bel award passa da noi.

    a presto e complimenti.



    RispondiElimina