lunedì 9 settembre 2013

GLI UCCELLI


Titolo originale: The birds
Paese: U.S.A.
Anno: 1963
Durata: 120 min.
Genere: horror
Regia: Alfred Hitchcock
Soggetto: Daphne Du Maurier
Sceneggiatura: Evan Hunter
Cast: Jessica Tandy, Rod Taylor, Suzanne Pleshette, Tippi Hedren, Veronica Cartwright


La giovane e affascinante Melania Daniels si reca da San Francisco nel piccolo villaggio di Bodega Bay per portare un dono alla sorellina di un rampante avvocato conosciuto soltanto il giorno precedente, Mitchell Brenner.
Proprio quel giorno, in paese cominciano a verificarsi con sempre maggiore irruenza strani attacchi di gabbiani e corvi nei confronti della popolazione.
Non c'è nulla di particolarmente interessante che io possa aggiungere rispetto a quanto sia stato già detto di uno dei capolavori della cinematografia mondiale come Gli uccelli del grande Alfred Hitchcock. Analisi ed interpretazioni, anche le più bizzarre, si sono succedute nel tempo. Certamente, si tratta di un film oscuro ed inquietante che, come Psycho, rimane dentro.
La pellicola comincia come se si trattasse di una qualunque commedia romantica e per una buona mezz'ora la pace e la tranquillità regnano sovrane. Ma quando Melania subisce il primo attacco, le cose cominciano velocemente a precipitare.
Non si può negare che vedere oggi certi effetti speciali, pure innovativi nel 1963, fa sorridere. Ma la grandezza del lavoro di Hitchcock, che ha saputo costruire un'opera universale, è innegabile. Straordinari sono gli effetti sonori, realizzati attraverso il mixaggio di suoni naturali, come il battito d'ali e il gracchiare degli uccelli, che costituiscono l'unica terribile e martellante colonna sonora. Per tutto il corso del film lo spettatore è portato a porsi solo una domanda "perché gli uccelli attaccano?", ed essa è sufficiente a creare ansia ed inquietudine. Gli stessi protagonisti, nella parte centrale del film, cercano di comprendere la motivazione, ma, come Hitchcock sembra suggerire, all'orrore non può essere mai data una spiegazione. 
Bellissima e spaventosa l'inquadratura finale, aperta ad ogni scenario e ad ogni possibile interpretazione. Anche qui emerge la genialità del regista inglese, perché un finale "aperto" era davvero raro in un film di quell'epoca.

Voto: 9 

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