domenica 27 ottobre 2013

ORIGINALE VS. REMAKE: PSYCHO

Si apre oggi la rubrica ORIGINALE VS. REMAKE, appuntamento mensile a cura di Ho Voglia di Cinema e Director's Cult, in cui troveranno spazio classici della cinematografia mondiale affiancati dai loro remake.
Abbiamo scelto di dedicare il primo appuntamento della nuova rubrica ad uno dei più famosi film del maestro del brivido Alfred Hitchcock: Psycho, che, uscito nelle sale nel 1960, sconvolse pubblico e critica per la morte della protagonista nella prima mezz'ora.
Di Psycho nel 1998 Gus Van Sant ha realizzato un remake, cosiddetto "shot-for-shot" poiché riproduce fedelmente ogni fotogramma dell'opera originaria.
Nel blog di Director's Cult potete trovare la recensione del film di Hitchcock.
Di seguito, invece, vi propongo la recensione del film di Van Sant.


Titolo originale: Psycho
Paese: U.S.A.
Anno: 1998
Genere: horror, thriller
Durata: 103 min.
Regia: Gus Van Sant
Soggetto: Robert Bloch (romanzo)
Sceneggiatura: Joseph Stefano
Cast: Vince Vaughn, Julianne Moore, Viggo Mortensen, Anne Heche, William H. Macy, Robert Forster, Philip Baker Hall, Anne Haney, Chad Everett, James Remar, Flea

1998, Phoenix, Arizona. La giovane segretaria Marion Crane fugge con 400.000 dollari verso la California per raggiungere il suo amante, all'oscuro del furto.
Durante il viaggio, Marion si ferma nel Motel Bates, dove inaspettatamente viene pugnalata a morte.
Di questo film Gus Van Sant ha detto: "Il mio Psycho è una riproduzione, non un remake...".
Effettivamente, il regista americano ha realizzato un omaggio unico all'opera di Alfred Hitchcok, riproducendone ogni singola inquadratura e ogni singolo taglio.
In realtà, come è naturale che sia, Van Sant non ha mancato di portare il suo tocco personale al film: in primo luogo, scegliendo di girare a colori, invece che in bianco e nero, e ambientando la storia nel 1998.
In alcune scene, inoltre, il film di Van Sant è visivamente più esplicito della pellicola hitchcokiana, in particolare in rapporto a quella che potremmo definire come la problematicità sessuale del protagonista maschile.
Sotto il profilo dell'interpretazione, il cast si dimostra convincente, con la sola eccezione di quella che avrebbe dovuto essere la colonna portante del film, ovvero Vince Vaughn, che interpreta Norman Bates.
Nel film originale, Anthony Perkins era riuscito a portare sullo schermo un uomo che sin dall'inizio appare mentalmente disturbato, ma della cui buona fede non si riesce completamente a dubitare. Viceversa, Vince Vaughn sembra una caricatura un po' grottesca del ruolo ricoperto eccellentemente da Perkins nel 1960.
E' un'opera di cui si poteva fare a meno? Forse sì, forse no.
A chi non conosce ancora Psycho, consiglio caldamente di vedere prima il film di Hitchcock, che dopo tanti anni mantiene intatta la sua superiorità. D'altronde, Van Sant stesso è consapevole di non poter superare l'opera del regista britannico, altrimenti perché avrebbe riprodotto così maniacalmente ogni singolo fotogramma? Possiamo dire che il suo è stato da un lato, un esercizio di stile, dall'altro, una dichiarazione d'amore verso il regista inglese, che non aggiunge molto all'opera originaria, rimanendogli scrupolosamente fedele. Chi ha già visto il primo Psycho, ad ogni modo, si divertirà a riconoscere le piccole differenze tra le due opere, disseminate qua e là lungo il procedere della storia.
Per scoprirle tutte, visitate la pagina di Wikipedia.

Voto: 6 e 1/2

Se ti è piaciuto guarda anche...(ovviamente) Psycho (1960), Gli uccelli, Hitchcock




sabato 26 ottobre 2013

GIGLIO INFRANTO


Recensione pubblicata su Cinema Bendato

Titolo originale: Broken Blossoms o The Yellow Man and the Girl
Paese: U.S.A.Anno: 1919
Regia: David Wark Griffith
Genere: Drammatico
Durata: 90 min.
Cast: L. Gish (Lucy), R. Barthelmess (Cheng Huan), D. Crisp (Battling Burrows), A. Harrows (manager), E. Peil Sr (Malocchio), G. Beranger (Spione), N. Selby (pugile)
Sceneggiatura: D.W. Griffith
Trama: Dopo l'ennesimo maltrattamento subito dal padre alcolizzato, la piccola Lucy si rifugia a casa di Cheng Huan, giovane cinese giunto a Londra per predicare la religione buddista, costretto, però, a scontrarsi con la dura realtà del luogo

Con Giglio infranto, D.W. Griffith costruisce un dramma ispirato in larga misura dall'opera di Charles Dickens, con un'inaspettata svolta nel finale in cui emerge l'influenza di William Shakespeare. La protagonista, infatti, è una giovane innocente e pura, che non ha mai conosciuto affetto, ma solo violenza e prevaricazione. Perseguitata dal padre alcolizzato, Lucy conserva intatta la sua bontà e non arriva a desiderare mai il male del suo aguzzino.
La sua purezza, incarnata nel candore del viso di Lilian Gish, contrasta con lo squallore del quartiere di Limehouse, un quartiere grigio e nebuloso dimenticato da Dio e dal mondo.
Proprio in quel quartiere giunge il giovane cinese Cheng Huan: desideroso di convertire inglesi al buddismo, scopre tristemente che il mondo non vuole essere convertito. Pure in quella miseria, Cheng trova come unica fonte di pace ammirare Lucy da lontano.
Quando, finalmente, i due protagonisti si toccano, emerge l'impossibilità del loro amore, inconcepibile per la società in cui vivono. Cheng Huan, in patria uomo rispettato, a Londra è solo un misero “Chinky” (termine inglese dispregiativo per cinese) e nel mondo di Griffith la contaminazione tra “razze” non è ammissibile. Tuttavia, più che un ostacolo insormontabile dal punto di vista ideologico, la rappresentazione della differenza tra i due appare come una presa di coscienza della realtà in cui vivono, di cui è messa in luce tutta l'ingiustizia: due anime così pure avrebbero dovuto incontrasi altrove. Quando Lucy domanda a Cheng perché è così buono, l'incomprensione di lei frantuma le nuove speranze di lui, il cui complesso di valori tracolla una volta per tutte. Quella domanda si rivela ancor più fatale del tragico evento finale, che a quel punto non può che confermare ogni più triste premonizione. Infatti, mentre Lucy mantiene integra, fino alla fine, la sua purezza, Cheg Huan è costretto a rinunciarvi di fronte all'uccisione dell'amata, decidendo che la violenza è l'unica strada possibile da percorrere. Quando la polizia arriva ad arrestarlo, è oramai troppo tardi: lo “Stato” sarebbe dovuto intervenire molto prima.

Voto: 8+

Se ti è piaciuto, guarda anche: Agonia sui ghiacci, America
 

venerdì 25 ottobre 2013

THE IMPOSSIBLE


Titolo originale: The impossible
Paese: Spagna
Anno:2012
Genere: Drammatico
Durata: 114 min.
Regia: Juan Antonio Bayona
Sceneggiatura: Sergio G. Sanchez
Cast: Naomi Watts, Ewan McGregor, Tom Holland, Samuel Joslin, Oaklee Pendergast, Sonke Mohring, Geraldine Chaplin 


The impossible è un film spagnolo in lingua inglese del 2012, ispirato alla vera storia di una famiglia coinvolta nel catastrofico tsunami del 2004.
Maria ed Henri decidono di trascorrere il Natale in Thailandia con i loro tre bambini. L'arrivo del maremoto divide la famiglia, che solo dopo diversi giorni trascorsi in ospedale, riesce finalmente a riunirsi.
Juan Antonio Bayona, già regista di The Orphanage, dirige eccellentemente un film su una catastrofe, che, però, non appartiene al genere catastrofico.
Riprendendo lo stile che già Clint Eastwood aveva mostrato in Hereafter, il regista spagnolo rinuncia, infatti, al sensazionalismo a favore di un crudo realismo che rende molto più palpabile la drammaticità della storia narrata, coinvolgendo lo spettatore sia nella parte della dispersione che in quella della ricerca e nel ritrovamento. Sapere che si tratta di una storia vera, inserita in una storia più grande alla quale tutti o quasi, attraverso i media, abbiamo potuto assistere, non scalfisce minimamente l'emozione provata, ma la rende ancor più viva e intensa. D'altronde, eventi naturali come maremoti e terremoti sono quelle occasioni in cui l'umanità sembra riunirsi intorno alla fragilità della propria esistenza, almeno fino a quando le discussioni non riprendono per nascondere ogni paura legata all'irrimediabilità della propria condizione.
La pellicola si sofferma soprattutto sul personaggio di Maria, una donna ferita nel corpo e nello spirito, che riesce ad andare avanti per salvare l'unico figlio che sembra esserle rimasto. Naomi Watts dà il volto e l'anima a questa donna, mostrando efficacemente tutta la propria empatia e tutto il proprio coinvolgemento.
Alla fine, niente è impossibile. E nonostante la forza improvvisa e prorompente della natura, che scuote la quotidianità, disintegrando ogni certezza e trasportando l'uomo in una dimensione sconosciuta e irrazionale, l'uomo può sempre ritrovare se stesso.

Voto: 7+

Se ti è piaciuto guarda anche... Hereafter.

mercoledì 23 ottobre 2013

SHADOWHUNTERS - CITTA' DI OSSA


Titolo originale: The Mortal Instruments: City of Bones
Paese: U.S.A., Germania
Anno: 2013
Durata: 130 min.
Genere: urban fantasy
Regia: Harald Zwart
Soggetto: Cassandra Clare (romanzo)
Sceneggiatura: I. M. King, J. Postigo
Cast: Lily Collins, Jamie Campbell Bower, Jonathan Rhys-Meyers, Jared Harris, Lena Headey, Robert Sheehan, Jemima West, Kevin Zegers, Kevin Durand, Robert Maillet, Godfrey Gao, Aidan Turner

Tratto dall'omonimo romanzo di Cassandra Clare, Shadowhunters - Città di ossa racconta la storia di Clary (Lily Collins), sedicenne newyorkese che, a seguito dell'improvvisa scomparsa della madre, scopre di essere una cacciatrice di demoni. Aiutata dal tenebroso Jace (Jamie Campbell Bower) e dall'amico di sempre Simon (Robert Sheehan), Clary si mette sulle tracce della madre, la cui sparizione sembra essere collegata ad una misteriosa coppa, ossessivamente voluta dal malvagio Valentine (Jonathan Rhys-Meyers) per la creazione di nuovi shadowhunters.
Il film, diretto da Harald Zwart (Karate Kid - La leggenda continua), ha lo svantaggio di prendere le mosse da un romanzo non particolarmente coinvolgente ed emozionante. 
La pellicola, però, non ha neppure il coraggio di portare sullo schermo quei pochi elementi di novità che l'opera di Cassandra Clare aveva, anticipando allo spettatore a digiuno del romanzo la soluzione dell'enigma finale, appresa dal lettore solo alla fine del terzo episodio della saga. Così facendo, il film non riesce a rendere carico di aspettativa un eventuale seguito, che, tra l'altro, molto probabilmente, non vedrà la luce a causa degli scarsi incassi del primo episodio. 
Per quanto riguarda i protagonisti, una nota positiva va a Lily Collins e Jamie Campbell Bower, che riescono a rappresentare una coppia piuttosto affiatata; mentre assolutamente deludente è il personaggio di Valentine, alias Jonathan Rhys-Meyers, che con eccessiva enfasi interpreta un uomo corrotto dal male, che in verità non sembra nemmeno in grado di badare a se stesso.
Per tutti questi motivi, Shadowhunters - Città di ossa è un film trascurabile, non in grado di recepire l'"eredità", se così vogliamo chiamarla, né di un altrettanto inconsistente Twilight, che però aveva il pregio di stuzzicare la minima curiosità dello spettatore (Bella diventerà o non diventerà un vampiro?), né di un meraviglioso Harry Potter, da cui Shadowhunters trae forte ispirazione nella creazione di un mondo parallelo a quello umano, popolato da innumerevoli creature fantastiche.

Voto: 4

Se ti è piaciuto guarda anche... Twilight, Beautiful Creatures: La sedicesima luna, Warm Bodies, Harry Potter e la pietra filosofale

sabato 12 ottobre 2013

Li teniamo d'occhio... MIA WASIKOWSKA


Australiana, Mia Wasikowska è una delle attrici più interessanti del panorama internazionale e a soli ventiquattro anni ha già recitato in numerosi film, scelti con una cura particolare verso le storie raccontate e per i registi coinvolti, in spregio di dinamiche puramente commerciali. La sua non è la classica bellezza, ma di certo il suo viso non si dimentica facilmente.
Mia debutta al cinema nel 2006 in una serie di cortometraggi. Nel 2007 recita nella versione americana della serie tv In treatment e nel film di Edward Zwick Defiance - I giorni del coraggio accanto a Daniel Craig.
Dopo aver ottenuto una piccola parte in Amelia, Mia si fa conoscere al grande pubblico come protagonista di Alice in Wonderland, il film del 2010 di  Tim Burton, dedicato al fantastico mondo di Lewis Carroll.
Nello stesso anno recita in I ragazzi stanno bene, dove interpreta la figlia di Julianne Moore e Annette Bening, mentre nel 2011, dopo il grande successo del film di Tim Burton, è protagonista di L'amore che resta di Gus Van Sant, di Jane Eyre di Cary Fukunaga e di Albert Nobbs di Rodrigo Garcìa.
Nel 2012 è l'innamorata di Shia LaBeouf in Lawless, l'ultimo film di John Hillcoat, già regista di The Road.
Il 2013 è un anno ricchissimo per Mia che recita in Stoker, thriller di Park Chan - wook, dove è la figlia di Nicole Kidman; in Only lovers left alive di Jim Jarmush, presentato allo scorso Festival di Cannes, di cui al momento non si conosce la data d'uscita in Italia; in Tracks, uscito lo scorso 29 agosto, in cui Mia interpreta una giovane donna che attraversa il deserto australiano per 1700 miglia; infine, in The double, commedia in cui recita accanto a Jesse Eisenberg, suo attuale fidanzato e in cui interpreta una collega di lavoro di Simon (Eisenberg), un uomo timido e insicuro perseguitato dal suo doppelganger. Anche di quest'ultimo film, presentato a settembre al Festival di Toronto, non si conosce la data di uscita in Italia.
Cosa riserva il futuro a Mia?
Ha appena finito di girare Maps to the star, ultimo film di David Cronenberg, in uscita l'anno prossimo, dramma satirico dedicato ad una ricca famiglia di Hollywood. Con lei nel cast figurano Julianne Moore, John Cusack e Robert Pattinson.
Attualmente Mia sta girando Madame Bovary, tratto dall'omonimo romanzo di Gustave Flaubert, in cui interpreta Emma. Infine, sarà protagonista nel film, attualmente in fase di pre-produzione, di Crimson Peak, nuova opera di Guillermo Del Toro, accanto a Jessica Chastain e Tom Hiddleston.

martedì 8 ottobre 2013

NUMERO DICIASSETTE


Recensione pubblicata su Cinema Bendato
 
Titolo originale: Number seventeen
Paese: Gran Bretagna
Anno: 1932
Regia: Alfred Hitchcock
Genere: Giallo
Durata: 63 min.
Cast: L. M. Lion (Ben, il barbone), A. Grey (Nora), J. Stuart (Gilbert Barton), B. Jones (Henry Doyle), D. Caltrop (Brant), A. Casson (Rose Akroyd), H. Caine (Mr. Akroyd), G. Marsh (Sheldrake), H. Langley (guardia sul treno).
Sceneggiatura: R. Ackland, A. Reville, A. Hitchcock
Trama: A Londra, in una casa abbandonata, alcuni ladri si ritrovano per recuperare una preziosa collana di diamanti. Sulle loro tracce c'è la polizia.

Numero diciassette rappresenta uno dei lavori minori di Alfred Hitchcock, che lo stesso regista, in una celebre intervista a Francois Truffaut, definì “un disastro”.
Effettivamente, il film si caratterizza per una trama alquanto confusa e farraginosa; l'impressione che deriva dalla sua visione è che costituisca un esperimento, nel quale si condensano diversi elementi cari alla filmografia di Hitchcok, come i cadaveri che spariscono, le scale, dalle quali scende o sale “l'orrore”, le ombre, i travestimenti.
L'opera, tratta da una commedia teatrale di Joseph Farjeon, fu commissionata al regista inglese, il quale scelse di trasformarla in una sorta di parodia del giallo classico, in cui poliziotti e ladri sono rappresentati in maniera piuttosto ridicola, essendo sia gli uni che gli altri caratterizzati da una non indifferente imbranataggine. Alla fine, colui che si rivela più astuto di tutti è il barbone Ben, ritrovatosi per caso nel covo dei malviventi e che si aggiudica la preziosa collana di diamanti. Ben è il personaggio più rappresentativo della pellicola, che ne rivela gli intenti parodistici: è il primo del quale tutti tendono a diffidare, ma che è, semplicemente, se stesso.


Voto: 6

lunedì 7 ottobre 2013

Ho voglia di leggere: L'INVERNO DI FRANK MACHINE


L'inverno di Frankie Machine è un thriller del 2006 scritto da Don Winslow, scrittore statunitense recentemente scoperto dal cinema e, in particolare da Oliver Stone, che ha portato sullo schermo Le belve. 
L'opera è ambientata a San Diego, dove Frank Macchianno, ex killer della mafia californiana, si è ritirato dalla malavita e vende esche in un piccolo negozio. Una sera, l'uomo viene attirato da vecchi amici in una trappola mortale, dalla quale si salva a stento. Comincia, così, una corsa contro il tempo per scoprire chi, dopo tanti anni, lo vuole morto.
Intrecciando presente e passato, Don Winslow costruisce un romanzo dal ritmo veloce e incalzante, senza, però, trascurare dettagli o particolari utili alla costruzione della storia e alla rappresentazione del protagonista.
Il maggior pregio del romanzo consiste nell'aver trasferito nell'assolata California storie solitamente ambientate sulla costa est degli Stati Uniti. La vita di Frank Macchianno, detto Frankie Machine per la sua capacità di raggiungere sempre l'obiettivo (di uccidere), è fatta di tante storie che si accavallano nel suo tentativo di essere, da un lato, un semplice venditore di esche, e dall'altro di rispondere all'onore della "famiglia". Egli è rappresentato, se non in una veste eroica, quantomeno come un personaggio positivo che in qualità di "killer" si è sempre attenuto ad un codice, ostentato da molti mafiosi, ma rispettato da pochi. Nel corso del romanzo, infatti, tale codice è portato ad una completa disintegrazione, risultando chiaro, alla fine, che esso non esiste.
Il limite inevitabile del romanzo è quello di essere stato scritto in un'epoca post - Padrino, quando molte situazioni e molti eventi sono stati già indagati e rappresentati sia nella letteratura che nel cinema, senza aggiungervi qualcosa di innovativo o, perlomeno, abbastanza interessante, e finendo ad arrivare ad un finale oggigiorno scontato.

Curiosità: i diritti del romanzo, ancor prima della sua pubblicazione, furono acquistati da Robert De Niro che avrebbe dovuto impersonare il protagonista in un film diretto da Michael Mann, ma dal 2007 del progetto si sono perse le tracce.


Voto: 6 e 1/2


sabato 5 ottobre 2013

KATE WINSLET DAY - REVOLUTIONARY ROAD

Titolo originale: Revolutionary Road
Paese: U.S.A., Regno Unito
Anno: 2008
Durata: 119 min.
Genere: drammatico
Regia: Sam Mendes
Soggetto: Richard Yates
Sceneggiatura: Justin Haythe
Cast: Kate Winslet, Leonardo DiCaprio, Kathy Bates, Michael Shannon, Kathryn Hahn, Max Casella, Zoe Kazan

Dopo American Beauty, Sam Mendes è tornato a rappresentare la provincia americana in Revolutionary Road, film tratto dall'omonimo romanzo di Richard Yates, pubblicato nel 1961. La storia, ambientata negli Anni Cinquanta, è quella di una giovane coppia sposata con due bambini, Frank (Leonardo DiCaprio) ed April Wheeler (Kate Winslet), che per spezzare la routine quotidiana decide di lasciare il Connecticut e di trasferirsi a Parigi per coltivare i propri sogni. I progetti vengono presto interrotti, tuttavia, quando April scopre di essere incinta.
Revolutionary Road è una riflessione sulla fragilità del sogno americano, sulla compressione del ruolo della donna, che non può avere altra identità se non quella di moglie e di madre, sugli scheletri che si celano dietro quella patina di perfezione che ogni famiglia tende a mostrare all'esterno. Revolutionary Road è la strada dove abitano Frank ed April, dove si trova la loro casa splendente con il giardino in ordine, ma è anche il luogo dove i due progettano un'altra vita - rivoluzionaria - che però non riescono a realizzare, stretti come sono dalle convenzioni sociali. Ma il sogno irrealizzato di quella vita che poteva essere, ma non è stata, è un fardello troppo pesante che logora sempre più velocemente la coppia fino ad arrivare all'annientamento completo. Il solo John Givings, figlio dei vicini di casa dei Wheeler, un individuo psicologicamente disturbato, rifiuto di una società fasulla, comprende e profettizza l'imminente sciagura.
Sam Mendes rappresenta con una maestria e un'estetica ancora una volta prive di imperfezioni la vita di Frank ed April, portandoci a percepire il disagio, l'ipocrisia e la superficialità che si celano dietro il concetto di famiglia tradizionale.
Revolutionary Road ha visto tornare insieme sul grande schermo la coppia formata da Kate Winslet e Leonardo DiCaprio dieci anni dopo Titanic, il film che rese entrambi delle star internazionali. I due mostrano un grande affiatamento e una grande armonia, del resto già evidente in Titanic, dando prova allo stesso tempo di una rinnovata consapevolezza e di un'acquisita maturità. Banalizzando, si potrebbe dire che sono Jack e Rose se si fossero sposati.
Revolutionary Road è un film che non si può non amare, soprattutto grazie al fascino esercitato da un personaggio come quello di April, allo stesso tempo donna fragile, ma decisa, che vive avanti rispetto ai suoi tempi e che non riesce a rinunciare di essere una donna con dei desideri e delle aspirazioni.

Voto: 8



In occasione del compleanno di Kate Winslet, che proprio oggi compie 38 anni, è stato organizzato il Kate Winslet Day. Mi ha reso particolarmente felice partecipare a questa giornata perchè Kate Winslet è una delle mie attrici preferite di sempre.
Potete trovare le recensioni di altri film di Kate Winslet negli altri blog partecipanti al Day:

Bette Davis eyes
Combinazione causale
Director's Cult
Il Bollalmanacco di Cinema
In Central Perk
Montecristo
Movies Maniac
Pensieri Cannibali
Recensioni Ribelli
Scrivenny 2.0
White Russian

Buon compleanno, Kate!

venerdì 4 ottobre 2013

LO SCONOSCIUTO DEL LAGO


Recensione pubblicata su Storiadeifilm

Titolo originale: L'inconnu du lac
Paese: Francia
Anno: 2013
Durata: 97 min.
Genere: noir
Regia: Alain Guiraudie
Sceneggiatura: Alain Guiraudie
Cast: Pierre Deladonchamps, Christophe Paou, Patrick Dassumpçao
Trama: Franck è un giovane omosessuale che d'estate frequenta la riva d'un lago dove avvengono incontri occasionali tra uomini. 
Qui fa la conoscenza di Michel, solitario e taciturno, e di Henri, bello attraente, che nasconde un terribile segreto. Nonostante ciò, Franck comincia una travolgente storia d'amore con lui. 

Lo sconosciuto del lago è l'ultimo lavoro scritto e diretto da Alain Guiraudie, vincitore del premio per la migliore regia nella categoria Un certain regard allo scorso Festival di Cannes.
Attraverso un'atmosfera fortemente noir, rafforzata dai brevi momenti comici e dai lunghi momenti erotici, la pellicola compie un'analisi incrociata delle più antiche pulsioni dell'animo umano, Eros e Thanatos, percorrendo il sottile confine che separa il desiderio sessuale dall'autodistruzione. Il film di Guiraudie ha il merito di "scandalizzare" attraverso immagini forti che, piuttosto che esaltare l'atto sessuale in sè, mettono in dubbio la creazione di una società che sul consumo del sesso veloce si fonda.
Il regista compie l'ottima la scelta di girare l'intero film lungo la sponda del lago, volgendo le spalle a tutto ciò che è intorno. L'aria aperta non impedisce il crearsi nello spettatore di una sensazione di soffocamento e di un desiderio di rivolgere lo sguardo altrove. La colonna sonora è assente; unicamente i suoni del bosco accompagnano l'esperienza che il protagonista vive. All'inizio, Franck rimane turbato dal delitto compiuto da Michel, che rappresenta, però, allo stesso tempo l'occasione per iniziare una relazione con l'uomo. L'attrazione a quel punto è tanto violenta che Franck seppellisce il ricordo dell'assassinio e si lascia travolgere dalla storia con Michel. Tuttavia, con il ritrovamento del cadavere e il conseguente arrivo della polizia, si rompe quell'apparente situazione di normalità che Franck aveva voluto creare nella propria mente. Solo allora, infatti, il giovane percepisce il disagio di fare il bagno in un lago in cui per giorni è rimasto celato un cadavere.
Il personaggio di Frank può essere compreso fino in fondo se analizzato guardando anche ai due coprotagonisti, Michel ed Henri. Michel è il simbolo della società di oggi, che ha trasformato la liberazione sessuale degli Anni Settanta in schiavitù: il sesso deve essere consumato spesso e velocemente. Sul fronte opposto c'è Henri, silenzioso e solitario, che desidera un impegno stabile e un'amicizia duratura. Si tratta proprio di quella responsabilità che il mondo di oggi in qualche modo aborrisce. Franck agogna ad un'esistenza che comprenda sia la sua parte di Michel che la sua parte di Henri, ma, dovendo scegliere, opta per la passione autodistruttiva. Chi altri, infatti, è Franck se non l'uomo, che, stretto in ogni momento tra la vita e la morte, compie continuamente gesti rischiosi per sentirsi veramente e finalmente vivo?

Voto: 8

Se vi va, leggete su Storiadeifilm la mia intervista ad Alain Guiraudie


martedì 1 ottobre 2013

523 GRAZIE!


Cari tutti,
annuncio un lieto evento: la pagina Facebook di Ho Voglia di Cinema ha raggiunto ben 523 fan!
Ci tengo a ringraziare con un post speciale i siti/blog che hanno aderito alla campagna lanciata sulla mia pagina per aiutarmi nell'impresa di superare lo scoglio dei 500 mi piace.

Cinema Bendato:  sito cinematografico in cui potete trovare ogni settimana recensioni di film in sala oltre che di film del passato. Un motivo in più per seguirlo è che ci collabora anche la sottoscritta.
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Per un pugno di film: blog di Andrea Ussai, ricco di recensioni e commenti sui film appena usciti in sala.
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MagiciConsigli film: blog in cui potrete trovare numerosissimi consigli grazie a recensioni suddivise in base al genere, al regista e all'anno di uscita.
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Restate sintonizzatI su Ho Voglia di Cinema per la prossima campagna!