domenica 29 settembre 2013

THE BLING RING


Titolo originale: The Bling Ring
Paese: U.S.A.
Anno: 2013
Genere: commedia
Durata: 87 min.
Regia: Sofia Coppola
Sceneggiatura: Sofia Coppola
Cast: Emma Watson, Katie Chang, Israel Broussard, Leslie Mann, Taissa Farmiga, Erin Daniels, Halston Sage, Nina Siemaszko, Gavin Rossdale, Stacy Edwards, Claire Julien

Ispirato ad una storia vera, The bling ring racconta di un gruppo di adolescenti, provenienti da famiglie agiate, che commise svariati furti nelle ville di celebrità hollywoodiane, da Paris Hilton a Orlando Bloom, da Megan Fox a Lindsay Lohan.
Con uno sguardo quasi documentaristico, che ricorda vagamente per lo stile e i temi affrontati Thirteen di Catherine Hardwicke, Sofia Coppola ci regala uno sguardo sull'influenza che hanno i social network nelle vite degli adolescenti di oggi e sui limiti di quel sano desiderio di trasgressione che tutti gli adolescenti provano.
La Coppola non giudica, ma registra i desideri, le aspirazioni di giovani fondamentalmente soli, che cercano di occupare il tempo riempiendolo di vuoto. Sono giovani affascinati dalla celebrità e dalla facilità con la quale oggi può essere raggiunta grazie alla presenza di casse di risonanza rivolte ad un pubblico che cresce di giorno in giorno e che non è particolarmente esigente nei confronti di chi riempie le pagine dei gossip, perché fondamentalmente aspira allo stesso spazio. 
Il tocco della Coppola è delicato nei confronti del protagonista maschile, Marc (Israel Broussard), che cerca di dare un riparo alla propria diversità attraverso un'amicizia unilaterale; mentre è più spietato nei confronti di Rebecca (Katie Chang) e Nicki (Emma Watson), due ragazze completamente prive di un'intelligenza particolare, ma dotate di una furbizia innata. In particolar modo, con il personaggio di Niki, Sofia Coppola riesce a dare una rappresentazione fisica della società di oggi, nella quale i vari Corona e i vari Berlusconi agiscono trovando sponda nei media per dire la propria "verità", spacciandosi come vittime di un sistema giudiziario ingiusto.
Voto: 8


sabato 28 settembre 2013

27 anni di film - Buon compleanno al Cinema Spiccio!

Partendo dall'iniziativa di Frank Manila, nata per festeggiare il compleanno del suo blog, con un po' di ritardo ho deciso di di partecipare al gioco in cui si sceglie per ogni anno della propria vita il miglior film di quell'anno.
Si tratta, ovviamente, di una scelta MOLTO soggettiva, influenzata da diversi fattori che hanno poco a che fare con il film "obiettivamente" più bello...

1986 - Karate Kid II: Scelta simbolica perché la trilogia di Karate Kid ha segnato la mia infanzia... in realtà il film è bruttissimo.

1987 - Dirty Dancing: Non poteva mancare nella mia lista... cult indiscutibile della mia vita... non si può mettere Dirty Dancing in un angolo!

1988 - Chi ha incastrato Roger Rabbit: capolavoro!

1989 - La sirenetta vince contro L'attimo fuggente solo perché è il primo film che abbia visto al cinema (a quanto mi dicono)!

1990 - Edward mani di forbice batte di un soffio Balla coi lupi. Scelta difficile!

1991 - Thelma & Louise forever! Uno dei miei film preferiti di sempre.

1992 - Le iene battono Aladdin. Tarantino non può mancare in questa lista!

1993 - L'anno in cui è uscito Schlinder's List, io senza vergogna scelgo Sister Act 2, un po' perché adoro i musical, un po' perché è un film che amo rivedere sempre, più del primo episodio.

1994 - Siccome Tarantino ha già avuto il suo anno, non bissa con Pulp Fiction e scelgo Stargate. Un film che oggi mi fa ridere, ma che all'epoca mi mise parecchia inquietudine. Visto e rivisto, un po' come il Karate Kid di cui sopra.

1995 - Anno parecchio difficile. Tra I ponti di Madison County, Pocahontas e Braveheart, alla fine scelgo Ragione e sentimento perché sono una Jane Austen dipendente.

1996 - Michael Collins: film con un grande Liam Neeson sulla rivoluzione irlandese. Leone d'Oro dell'anno.

1997 - Ovviamente poteva esserci solo Titanic, il film che mi ha fatto piangere come non mai, facendomi perdutamente e irrimediabilmente innamorare di Leonardo DiCaprio.

1998 - Pleasantville: film non troppo apprezzato e conosciuto, ma secondo me originalissimo.

1999 - Notting Hill: sono un'inguaribile romantica e mi fa sempre ridere, anche se l'ho visto cinquanta volte.

2000 - Almost famous - Quasi famosi di un Cameron Crowe che poi si è un po' perso... ma questo film è meraviglioso.

2001- Come il 1997, quest'anno poteva esserci solo e soltanto Il Signore degli Anelli - La compagnia dell'anello. Il film che ha rivoluzionato la mia vita.

2002 - Per non essere ripetiva, non scelgo Il Signore degli Anelli - Le due torri, ma Gangs of New York perché Martin Scorsese non poteva mancare in questa lista!

2003 - E ancora, non scelgo Il Signore degli Anelli - Il ritorno del re (anche se mi viene da piangere), ma Mystic river. Per me il miglior film diretto da Clint Eastwood!

2004 - I diari della motocicletta perché mi ha fatto sognare viaggi in America Latina.

2005 - Che anno difficile! Scelgo I segreti di Brokeback mountain che precede di pochissimo The New World e Good night, and good luck.

2006 - Il vento che accarezza l'erba di un grande Ken Loach.

2007 - In onore di tutti i musical che non ho citato, Across the Universe.

2008 - Chi se non Il Cavaliere Oscuro?

2009 - Seconda presenza per Quentin Tarantino con i suoi Bastardi senza gloria.

2010 - L'incantesimo del Cigno nero.

2011 - The Artist, per me un film assolutamente perfetto.

2012 - Il Cavaliere Oscuro il ritorno chiude i miei (primi, si spera) 27 anni di vita!

mercoledì 25 settembre 2013

RUSH

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Titolo originale: Rush
Paese: U.S.A., Germania, Regno Unito
Anno: 2013
Regia: Ron Howard
Durata: 123 min.
Genere: azione, drammatico, biografico
Sceneggiatura: Peter Morgan
Cast:  Chris Hemsworth, Daniel Brühl, Olivia Wilde, Alexandra Maria Lara, Pierfrancesco Favino, Patrick Baladi, Christian McKay, Alistair Petrie, Jay Simpson, Julian Seager, Jamie Sives, Josephine de la Baume, Natalie Dormer, Lee Asquith-Coe, Tom Wlaschiha

Rush racconta la rivalità nella Formula 1 tra il pilota inglese James Hunt  (Chris Hemsworth) e il pilota austriaco Niki Lauda (Daniel Brühl) e del ritorno di pista di quest'ultimo dopo un incidente nel 1976 che ne sfigurò il suo viso.
Il film è diretto da Ron Howard e sceneggiato da Peter Morgan, già autore di diverse pellicole biografiche, quali Frost/Nixon, The Queen e Il maledetto United.
Sarebbe riduttivo definire Rush un film su uno sport, sconsigliabile a chi non è appassionato di Formula 1. Lo sport è, piuttosto, un'occasione per proporre una riflessione sulla vita e sulla morte, sui motivi che spingono l'essere umano a compiere gesti rischiosi per arrivare a comprendere quanto la vita sia importante. E' la storia di un'amicizia tra due uomini molto diversi, con due opposte concezioni dello sport e della vita, che attraverso lo scontro agonistico arrivano ad apprezzarsi reciprocamente.
Il film è ben ritmato ed equilibrato, in cui l'azione lascia largo spazio al dramma e all'indagine delle personalità dei due protagonisti. 
Chris Hemsworth è perfetto nei panni di un James Hunt che potremmo definire la classica rock star con un velo di tristezza negli occhi, che tutti amano, ma che nessuno comprende. A colpire, però, è soprattuto Daniel Brül nei panni di Niki Lauda, non tanto per l'incredibile somiglianza con il pilota austriaco, quanto per la straordinaria interpretazione di un uomo che consapevolmente sopporta il peso della propria freddezza e del proprio cinismo, ma che convinto delle proprie azioni continua ad andare avanti.
Per quanto riguarda gli spettatori italiani, è stata una bella soddisfazione vedere sullo schermo in un ruolo non marginale Pierfrancesco Favino nella parte del pilota italiano della Ferrari Clay Regazzoni.
Unica nota negativa e un po' fastidiosa: anche in un film così ben scritto e girato, gli italiani vengono rappresentati come degli idioti. Niki Lauda e la sua futura moglie Marlene (Alexandra Maria Lara), in un paesaggio collinare toscano, che in base alla trama dovrebbe trovarsi vicino a Trento, con l'auto in panne fermano una macchina targata Pisa, dove troviamo a bordo i classici due italiani che gesticolano continuamente, con un accento meridionale non ben definito, ma tipico dei film americani. Una parte degna di To Rome with love.

Voto: 8

martedì 24 settembre 2013

Li teniamo d'occhio... RICHARD MADDEN


Ventisette anni, scozzese, Richard Madden è diventato famoso per il ruolo di Robb Stark nella serie tv tratta dai romanzi di G.R.R. Martin, Il trono di spade. Come tutti gli appassionati sapranno, il personaggio non comparirà nelle prossime stagioni, essendo stato brutalmente ucciso nella nona puntata della terza stagione, intitolata Le piogge di Castamere, uno dei momenti televisivi più tragici e sbalorditivi dell'anno, almeno per chi non aveva letto il romanzo.
Dal canto suo Richard, consapevole della fine prematura del Giovane Lupo, non è restato con le mani in mano e si è dato da fare per debuttare sul grande schermo.
Lo vedremo, infatti, tra i protagonisti di A promise, ultimo film del regista francese Patrice Leconte, in cui recita insieme a Rebecca Hall e Alan Rickman.
La pellicola, presentata fuori concorso all'ultima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, è ambientata in Germania alla vigilia della Prima Guerra Mondiale e racconta la storia d'amore tra una donna sposata (Hall) e il giovane collaboratore del marito (Madden). Quando quest'ultimo parte per affari per il Messico, i due si scambiano lettere appassionate, almeno fino a quando lo scoppio della guerra non impedisce ogni collegamento tra Europa ed America.
Attualmente, a parte il passaggio a Venezia, non è possibile sapere la data di uscita della pellicola in Italia.
Ma il lavoro di Madden non finisce qui. In questi giorni, infatti, sono cominciate le riiprese di Cinderella, la nuova versione della celebre fiaba, prodotta dalla Disney, diretta da Kenneth Branagh e scritta da Chris Weitz, in cui l'ex Robb Stark rivestirà i panni del Principe Azzurro. Nel cast, oltre all'attore scozzese, figurano nei panni di Cenerentola Lily James, vista in La furia dei titani e Downtown Abbey, nei panni della matrigna Cate Blanchett e nei panni della fata madrina Helena Bonham Carter. Si tratta di un bel ruolo per il giovane Richard, che potrebbe dare una definitiva consacrazione alla sua carriera. Purtroppo, considerando che le riprese sono appena cominciate, non potremo vedere il film prima del 2015.


domenica 22 settembre 2013

DIETRO LA PORTA CHIUSA


Recensione pubblicata su Cinema Bendato
Titolo originale: Secret beyond the door
Paese: U.S.A.
Anno: 1947
Regia: Fritz Lang
Genere: Noir
Durata: 99 min.
Cast: J. Bennet (Celia Lamphere), M. Redgrave (Mark Lamphere), A. Revere (Caroline Lamphere), B. O’ Neil (Miss Robey), N. Schafer (E. Potter), P. Cavanagh (Rick Barrett), R. Rey (Paquita), J. Seay (B. Dwight), M. Dennis (David).
Sceneggiatura: S. Richards
Trama: Durante una vacanza in Messico, la giovane Celia si innamora a prima vista di Mark, affascinante architetto. I due si sposano e vanno a vivere nella residenza di lui. Una volta giunta nella nuova dimora, Celia scopre un bizzarro quanto inquietante passatempo del marito: collezionare camere in cui sono avvenuti omicidi famosi.


“Il modo in cui una casa è fatta determina ciò che accade in essa”: questa frase, pronunciata dal protagonista maschile Mark all’inizio di Dietro la porta chiusa, può valere anche per l’intero film costruito da Fritz Lang, noir onirico e pieno di allegorie, che sin dal principio si contraddistingue per un’ambientazione inquietante e soffocante.
La protagonista Celia, giovane e piena di vita, sposata ad un uomo che non conosce, inserita in un ambiente parimenti sconosciuto abitato da strane figure, si ritrova costretta ad indagare nel passato del marito per salvare il suo matrimonio.
Se, da un lato, il film è, dunque, strutturato come un giallo classico con Celia nei panni di un investigatore, che cerca di rivelare ciò si nasconde nella stanza n. 7, chiusa a chiave dal marito, dall’altro, i risvolti attraverso i quali lo spettatore viene condotto sono indagati con il metodo psicoanalitico. Celia tenta, infatti, di scoprire quale evento nel passato del marito lo abbia reso così vulnerabile. La stanza n. 7 diventa, in questo modo, non soltanto il luogo del futuro delitto, ma anche il luogo nel quale Mark ha chiuso a chiave un evento che si è affrettato a dimenticare, ma che ciononostante ha influenzato tutta la sua vita: ed è proprio tornando nella stanza n. 7, in quello spazio della mente dimenticato, che lui sarà in grado di affrontare i fantasmi del passato al fine di rimuoverli e cancellarli. Da solo, però, non avrebbe potuto portare a compimento una simile impresa, ma è grazie a Celia che può correggere la piega da serial killer che la sua vita stava prendendo; in questo senso, Celia è, da un lato, una moglie devota, un angelo del focolare, disposta a farsi uccidere pur di non abbandonare il marito; dall’altro, però, è anche il medico premuroso che aiuta il paziente a superare la malattia attraverso il dialogo e la reviviscenza degli eventi rimossi.
Se Dietro la porta chiusa non è di certo il primo film di Fritz Lang influenzato dalla psicoanalisi, certamente non così tanti film fanno riferimento in maniera così esplicita alla teoria dell’incoscio elaborata da Sigmund Freud.
Straordinari i due protagonisti, Joan Bennet e Michael Redgrave: la prima nei panni di una donna indipendente, sedotta dall’amore, dotata di coraggio e pazienza; il secondo nei panni di un uomo colto, ma frustrato; che crede di non aver mai vissuto, oscurato dalle donne della sua vita, capace di trasformarsi da uomo dolce a uomo spietato in un battito di ciglia.

Voto: 8+

sabato 21 settembre 2013

BILL MURRAY DAY - LE AVVENTURE ACQUATICHE DI STEVE ZISSOU


Titolo originale: The Life Aquatic with Steve Zissou
Paese: U.S.A.
Anno: 2004
Genere: commedia, drammatico, avventura
Durata: 118 min.
Regista: Wes Anderson
Sceneggiatura: Wes Anderson,
Cast: Bill Murray, Anjelica Huston, Owen Wilson, Cate Blanchett, Willem Dafoe, Jeff Goldblum, Michael Gambon, Noah Taylor, Bud Cort, Seu Jorge, Robyn Cohen, Waris Ahluwalia, Seymour Cassell

Per il compleanno del grande Bill Murray, che oggi compie 63 anni, ho scelto di recensire Le avventure acquatiche di Steve Zissou, terzo lungometraggio scritto e diretto da Wes Anderson, uno dei più geniali autori del cinema contemporaneo, con cui Murray ha lavorato, ad oggi, in quasi tutti i suoi film.
Steve Zissou (Bill Murray) è un famoso oceanografo ed esploratore che ha girato tutta la vita documentari a bordo della nave Belafonte insieme alla moglie (Anjelica Huston) e ad una serie di personaggi improbabili.
Nel corso dell'ultimo viaggio, il suo migliore amico e collaboratore Estaban viene drammaticamente ucciso da quello che sembra essere uno "squalo - giaguaro". Zissou decide di partire alla ricerca del misterioso essere marino per avere la sua vendetta. Con lui, il simpatico team di esploratori, una giornalista incinta (Cate Blanchett) e un pilota che afferma di essere suo figlio naturale (Owen Wilson).
Con Le avventure acquatiche di Steve Zissou, Wes Anderson ha costruito un film pieno di richiami ed omaggi: in primo luogo, il personaggio di Steve Zissou costituisce una sorta di parodia del celebre esploratore francese Jacques-Yves Cousteau. Altri richiami sono ai Beatles (il sottomarino giallo), ai Devo (le tutine gialle con il copricapo rosso),a Harry Belafonte (il nome della nave). La colonna sonora, imperdibile, si nutre di pezzi di David Bowie, reinterpretati in portoghese da un membro dell'equipaggio, Pelé (Seu Jorgé), mentre le musiche originali sono firmate da Mark Mothersbaugh, membro dei Devo.
Il mondo di Steve Zissou è popolato da personaggi stralunati e animali fantastici; in ogni momento il limite tra fantasia e realtà è sottile, come il confine tra commedia e dramma; ma tra meduse luminescenti, squali giaguari, granchi zebrati, emerge un uomo vero: egocentrico, strampalato, immaturo, pieno di rimpianti e nostalgie. Bill Murray è una perfetta maschera, in grado di simulare la gioia e la tristezza, il divertimento e l'oblio. Un po' come Pierrot, ti stimola la lacrima, ma anche il sorriso.

Voto: 8


Se avete voglia di leggere recensioni di altri film con Bill Murray, ecco i blog partecipanti al BILL MURRAY DAY:
 
Aloha Los Pescadores
Cooking Movies
Director's Cult
Ho voglia di cinema
In Central Perk
Montecristo
Pensieri Cannibali
Recensioni ribelli
Scrivenny 2.0
White Russian

Quasi dimenticavo...
buon compleanno, Bill! 

martedì 17 settembre 2013

HITCHCOCK


Titolo originale: Hitchcock
Anno: 2012
Paese: U.S.A.
Durata: 98 min.
Genere: biografico
Regista: Sacha Gervasi
Soggetto: Stephen Rebello
Sceneggiatura: John J. McLaughlin
Cast: Anthony Hopkins, Helen Mirren, Scarlett Johansson, James D'Arcy, Jessica Biel, Michael Stuhlbarg, Toni Collette, Michael Wincott, Danny Huston, Kurtwood Smith, Ralph Macchio, Richard Portnow 

Hitchcock, film basato su un saggio di Stephen Rebello, è il racconto della realizzazione di Psycho, pellicola entrata nella storia del cinema, che Alfred Hitchcock fu costretto ad autoprodursi per il rifiuto della Paramount Pictures di distribuire un film horror, genere all'epoca considerato di serie B.
La storia si concentra, in particolare, sul rapporto tra Alfred e sua moglie Alma Reville, sceneggiatrice di talento, come noto punto di riferimento fondamentale nella realizzazione di tutte le opere del marito.
Il film, diretto da Sacha Gervasi, rappresenta un'occasione per conoscere la personalità del regista britannico, la sua ossessione per le bionde e il suo umorismo.
Inoltre, l'opera non si mantiene entro i limiti della verità conosciuta, ma si concede l'inserimento di qualche elemento fantasioso, come la gelosia di Hitchcok nei confronti della moglie per l'amicizia di quest'ultima con lo sceneggiatore Whitfield Cook. Il film, inoltre, vira parzialmente verso atmosfere thriller con gli incubi che infestano le notti di Hitchcock. Per il rapporto controverso tra autore e "suo" assassino, Hitchcock sembra essere in parte influenzato da Truman Capote: A sangue freddo, straordinario film del 2005 diretto da Bennett Miller, che racconta come il famoso scrittore americano scrisse uno dei suoi più grandi capolavori.
Infatti, sia Capote che Hitchcock (almeno quest'ultimo nella rappresentazione di Sacha Gervasi) traggono la propria ispirazione da assassini realmente esistiti, che su di essi, oltre a riversare un forte orrore, esercitano anche un fascino ambiguo.
Notevoli gli interpreti principali: un irriconoscibile Anthony Hopkins e una splendida Helen Mirren.
Particolarmente indicata, poi, la scelta di Scarlett Johannson nel ruolo che fu di Janet Leigh, mentre irraggiungibile rimane e rimarrà Anthony Perkins, alias Norman Bates, interpretato da James D'Arcy (Cloud Atlas).
Il film è nel complesso godibile ed interessante. La scelta di circoscrivere il racconto nell'arco di pochi mesi si rivela particolarmente vincente, laddove, viceversa, molti film biografici tendono ad annoiare per la pretesa di raccontare un'intera vita in un paio d'ore. Tuttavia, nonostante gli interpreti eccellenti, non si può negare che la presenza di elementi romanzeschi e l'andamento spedito del ritmo del racconto accostino maggiormente Hitchcock ad un buon prodotto televisivo piuttosto che ad un lungometraggio destinato alla sala cinematografica.

Voto: 7

lunedì 16 settembre 2013

ANNA KARENINA

  

Titolo originale: Anna Karenina
Anno: 2013
Paese: Regno Unito, Francia
Durata: 130 min.
Genere: drammatico, romantico
Regista: Joe Wright
Soggetto: Lev Tostoj
Sceneggiatura: Tom Stoppard
Cast: Keira Knightley, Jude Law, Aaron Johnson, Kelly MacDonald, Matthew MacFadyen,Domhnall Gleeson, Ruth Wilson, Alicia Vikander, Olivia Williams, Emily Watson, Holliday Grainger, Michelle Dockery, Alexandra Roach, Bill Skarsgård, Eros Vlahos, Raphaël Personnaz, Kenneth Collard, Tannishtha Chatterjee, Kostas Katsikis, Emerald Fennell, Hera Hilmar, Max Bennett, Guro Nagelhus Schia

Dal grande romanzo di Lev Tolstoj, Joe Wright (Orgoglio e pregiudizio, Espiazione) porta in scena Anna Karenina, ambientato nella Russia del XIX secolo. 
La giovane Anna (Keira Knightley), moglie di un funzionario dello zar, Aleksej Karenin (Jude Law), si reca a Mosca per far visita alla famiglia del fratello Stiva (Matthew MacFayden), la cui unità è messa a rischio da una scappatella di quest'ultimo con la governante. Appena scesa dal treno, si invaghisce, ricambiata, del conte Vronskij (Aaron Johnson), di cui in breve tempo diventa l'amante, a dispetto di ogni convenzione sociale che le impone la fedeltà coniugale.
La prima impressione che si prova nel vedere quest'ultima versione cinematografica di Anna Karenina è che coraggiosamente Joe Wright non si è limitato a girare un film tratto dal celebre romanziere russo, ma ha voluto inserire nella pellicola il suo tocco personale. 
L'espressione "portare in scena" si rivela, dunque, in questo caso, particolarmente adatta per descrivere il lavoro compiuto dal regista britannico, che ambienta la storia in un enorme teatro vittoriano in continua trasformazione e contaminazione con il mondo esterno. L'idea, particolarmente suggestiva, da un lato sembra rimandare alla storia personale di Anna, cui la società richiede di mettere in mostra un comportamento decoroso e di fingere un amore che non prova per il marito; dall'altro scoperchia la grande macchina che reggeva il regime zarista: una società in larga misura contadina, che di lì a poco sarebbe stata radicalmente e forzatamente trasformata.
Sotto ogni punto di vista squisitamente estetico, l'opera di Wright è a dir poco eccellente: dalle scenografie ai costumi, dalla colonna sonora alla fotografia.
Purtroppo, per quanto riguarda, invece, gli interpreti principali, il film si rivela piuttosto deludente: Keira Knightley, che pure era stata una meravigliosa Lizzy Bennet in Orgoglio e Pregiudizio e una seducente Cecilia Tallis in Espiazione, non interpreta un'altrettanto memorabile Anna Karenina. Lo stesso dicasi per il coprotagonista Aaron Johnson. L'amore drammatico e appassionato che lega i due protagonisti, a causa della recitazione troppo teatrale ed enfatica dei suoi interpreti, si trasforma velocemente in un sentimento dichiarato all'esterno, ma superficiale, incapace di coinvolgere lo spettatore.
Convicenti, viceversa, tutti i personaggi di contorno: da Matthew MacFayden, uno Stiva in gran forma, a  Jude Law, che nell'interpretare Aleksej Karenin sembra l'ombra di se stesso. Una menzione meritano, infine, per la loro dolcezza e timidezza, Alicia Vikand (Royal Affair) e Domhnall Gleeson (Harry Potter e i doni della morte, Parte I e Parte II), rispettivamente nei panni di Kitty, cognata di Stiva, e Kostantin Levin, amico di Stiva.

Voto: 7-

domenica 15 settembre 2013

Coming Loon: THE GHOST WRITER


Il Democritico


EFFETTI COLLATERALI


Titolo originale: Side effects
Paese: U.S.A.
Anno: 2013
Durata: 106 min.
Genere: thriller
Regista: Steven Soderbergh
Sceneggiatura: Scott Z. Burn
Cast: Rooney Mara, Channing Tatum, Jude Law, Catherine Zeta-Jones, Vinessa Shaw

- ATTENZIONE. LA RECENSIONE CONTIENE SPOILER-
Emily Taylor (Roneey Mara) è una giovane donna alle prese con il ritorno a casa del marito Martin (Channing Tatum) dopo un periodo di quattro anni di detenzione per insider trading. Ben presto Emily si rende conto di essere depressa e si affida alle cure di uno specialista, il dottor Jonathan Banks (Jude Law). Quest'ultimo le somministra vari psicofarmaci, di cui l'ultimo, l'Alblixa, suggerito dalla precedente psicoterapeuta di Emily, la dottoressa Victoria Siebert (Catherine Zeta-Jones), attenua la depressione della giovane, ma le procura episodi di sonnambulismo. Tutto sembra filare liscio, finché una mattina Emily non trova Martin accoltellato a morte e ogni indizio fa pensare che la colpevole sia proprio lei.
Questa è in sintesi la trama dell'ultimo film di Steven Soderbergh, in cui ci sono tutte le premesse per accattivare lo spettatore. Il regista americano sa bene quanto gli ambienti patinati e i grandi interpreti dei suoi film rappresentino un'esca irresistibile.
Peccato, però, che Soderbergh, nella parte centrale della pellicola soffra un po' di sonnambulismo come la sua protagonista.
Infatti, l'impressione è che la prima e la seconda parte siano due film diversi incollati a caso. Se nella parte prima crediamo di assistere ad una storia di denuncia sull'abuso degli psicofarmaci negli Stati Uniti, nella seconda entra in scena il classico thriller. L'imprevedibilità, in sé, non è un male, ma prima di cambiare direzione il film indugia un po' troppo, o per meglio dire, sonnecchia. Dov'è finito il ritmo di Ocean's eleven?
Per quanto riguarda il cast, spicca su tutti Rooney Mara che si conferma una straordinaria interprete, dotata di versatilità e intensità. E' lei la regina del film, che per questo si rende meritevole di una visione. Jude Law riveste i panni dell'eroe con notevoli lati oscuri: un ruolo da lui già interpretato in altre pellicole e che gli calza a pennello. Channing Tatum recita solo pochi minuti, mentre poco convincente è Catherine Zeta-Jones, il cui personaggio è di una banalità sconvolgente. Un'attrice con maggior talento avrebbe probabilmente saputo imprimere al personaggio un diverso spessore, ma in ogni caso sembra che gli sceneggiatori non riescano a superare il mito dello psicanalista che va a letto con il paziente (vedi In trance) e di ciò non possiamo incolpare Catherine.

Voto: 6

sabato 14 settembre 2013

IL FONDAMENTALISTA RILUTTANTE


Titolo originale: The Reluctant Fundamentalist
Paese: U.S.A./Regno Unito/Qatar
Anno: 2012
Durata: 128 min. 
Regista: Mira Nair
Soggetto: Mohsin Hamid
Sceneggiatura: Mohsin Hamid, William Wheeler, Ami Bogani
Cast: Riz Ahmed, Kate Hudson, Liev Schreiber, Kiefer Sutherland, Om Puri, Shabana Azmi, Martin Donovan, Meesha Shafi, Haluk Bilginer, Nelsan Ellis, Victor Slezak, Mark Oliver, Clayton Landey, Adil Hussain, Christopher Nicholas Smith

Il Fondamentalista Riluttante è la pellicola tratta dall'omonimo romanzo di Mohsin Hamid diretta dalla regista indiana Mira Nair (Amelia, Il destino nel nome).
A Lahore, Pakistan, un giovane professore, Changez Khan (Riz Ahmed), racconta la propria storia ad un giornalista americano, Bobby Lincoln (Liev Schrieber). Scopriamo, quindi, che Changez, laureato a Princeton con il massimo dei voti, lavorava come analista finanziario per un'importante azienda newyorkese, fino a quando l'11 settembre 2001 non ha sconvolto la sua esistenza e il suo modo di vedere le cose.
Il romanzo di Mohsin Hamid era molto breve e la sceneggiatura, cui lo stesso scrittore ha collaborato, ha ampliato la consistenza della storia narrata, inserendola in un contesto più ampio in cui alla storia personale di Changez si mescola un elemento thriller politico.
L'intero film rappresenta una riflessione sulla fragilità del sogno americano e sulla crudeltà dell'economia capitalista.
Changez, vissuto per anni negli Stati Uniti senza che nessuno facesse caso alla sua nazionalità, improvvisamente, dopo l'attacco terroristico alle Torri Gemelle, si ritrova ad essere trattato come uno straniero non gradito.
Quell'evento tragicamente frantuma tutte le certezze che si era costruito sul suo lavoro e sulla sua vita. Novello giannizzero, il giovane si rende improvvisamente conto che quei "numeri" che aveva licenziato sulla carta erano persone con una loro storia e una loro identità.
La significativa riflessione alla quale il film dà voce non è però raccontata in modo altrettanto interessante. Il film si dilunga in più di un momento, perdendo il filo del discorso e tralasciando momenti che avrebbero meritato maggiori approfondimenti. Probabilmente, un regista più maturo avrebbe saputo trarre un film più attento a determinate dinamiche. Penso al finale affrettato e risolto nella solita "americanata".
Anche le interpretazioni dei protagonisti non sono particolarmente entusiasmanti. Bravino Riz Ahmed nei panni di Changez, mentre desta particolare perplessità la scelta di Kate Hudson per il personaggio di Erica, che dovrebbe essere coetanea di Changez. Il personaggio, tra l'altro, radicalmente trasformato rispetto al romanzo, ha perso notevolmente il fascino e l'influenza che aveva sul protagonista, frustrato perché in realtà mai amato da Erica.

Voto: 6-

giovedì 12 settembre 2013

I RAGAZZI STANNO BENE


Titolo originale: The kids are all right
Paese: U.S.A.
Anno: 2010
Genere: commedia
Durata: 104 min.
Regista: Lisa Cholodenko
Sceneggiatura: Lisa Cholodenko 
Cast: Annette Bening, Julianne Moore, Mark Ruffalo, Mia Wasikowska, Josh Hutcherson, Yaya DaCosta, Eddie Hassell, Kunal Sharma, Rebecca Lawrence, Amy Grabow, Joseph Stephens Jr, Joaquin Garrido

Nic (Annette Bening) e Jules (Julianne Moore) sono una coppia lesbica, profondamente innamorata, con due figli avuti tramite inseminazione artificiale da uno stesso donatore.
Quando Joni (Mia Wasikowska) compie diciotto anni, suo fratello Laser (Josh Hutcherson), di quindici, la convince a contattare il donatore, Paul (Mark Ruffalo). Loro malgrado, Nic e Jules saranno costrette a invitare Paul a far parte della famiglia.
I ragazzi stanno bene è una commedia interessante e divertente capace di rappresentare valori tradizionali all'interno di una cerchia familiare non convenzionale.
Infatti, fino a quando non arriva Paul a rompere gli schemi, Nic, Jules, Joni e Laser costituiscono una famiglia con tutti i pregi e i difetti delle famiglie tradizionali. In particolare, Nic è un medico affermato che sente tutte le responsabilità sulle sue spalle, facendolo notare continuamente, mentre Jules ha rinunciato al lavoro per prendersi cura dei figli.
L'arrivo di Paul, donnaiolo incallito, che, conoscendo i ragazzi, scopre improvvisamente l'insensatezza della sua vita da single, travolge improvvisamente la vita quotidiana della famiglia di Nic e Jules, che solo a costo di dolorose trasformazioni riesce a ritrovare la propria tranquillità. Si tratta di trasformazioni che, forse, in modo meno brusco si sarebbero verificate in ogni caso e che la presenza di Paul è servita soltanto a sollecitare. Da questo punto di vista, gli aggettivi "tradizionale", "non convenzionale", "gay", "eterosessuale" non contano, perché la famiglia è sempre una famiglia a prescindere dal sesso, uguale o diverso, di chi ha deciso di formarla, e come tale dovrà passare per tutte le fasi naturali di crescita ed evoluzione.
Il film scorre in modo leggero per tutto il suo corso, nonostante la drammaticità di alcuni momenti. 
Ottimo l'intero cast, a partire da Annette Bening e Julianne Moore, due mamme e due donne perfettamente nella parte, affiancate da due dolci e stralunati Mia Wasikowska e Josh Hutcherson. Bravo anche Mark Ruffalo, capace di rappresentare la solitudine del dongiovanni.

Voto: 7 

mercoledì 11 settembre 2013

BELLI E DANNATI


Recensione di Alessandra Muroni pubblicata su Director's Cult 

Titolo originale: My Own Private Idaho.
Paese: U.S.A. 
Anno: 1991
Durata: 100 min. 
Genere: drammatico
Soggetto: Enrico IV - parte prima di William Shakespeare
Sceneggiatura: Gus Van Sant

Cast: River Phoenix, Keanu Reeves, James Russo, Chiara Caselli
Seattle. Mike Waters (River Phoenix) è un giovane alla ricerca della madre, e per sopravvivere si prostituisce. Soffre di una grave forma di narcolessia, che si manifesta soprattutto in momenti di forte stress emotivo. 
Durante un'incontro con una donna, conosce Scott Favor (Keanu Reeves), figlio del sindaco di Portland, in rotta con la famiglia. Scott intraprende un viaggio con Mike alla ricerca di sua madre, viaggio che lo porterà in Idaho, dal fratello di lui (James Russo), finendo per vivere in una comunità di tossici guidati da Bob (William Richert). Mike scopre che sua madre si è traferita a Roma e decide di partire con Scott. Innamoratosi di una ragazza italiana, Carmela (Chiara Caselli), Scott ritornerà a casa, lasciando Mike solo nella sua ricerca.
C'è un non so che di affascinante nell'esistenza di Mike Waters. Reietto della società, abbandonato dalla madre quando era piccolo per poi sparire nel nulla, Mike sa solo usare il suo corpo per sopravvivere, alla mercé di uomini che non corrispondono a canoni sociali ben definiti.
Eppure, c'è qualcosa di poetico in lui. Quel suo candore intatto, per nulla scalfito dalle brutture della vita, dalla violazione autorizzata del suo essere, viene alimentato con il suo "Idaho personale" un luogo immacolato, con le nuvole che viaggiano e con quell'abbraccio materno che non esiste più e forse non è mai esistito.
Ed è proprio la strada, i viaggi, Seattle, Portland, Idaho e Roma, diventano gli scenari di un percorso che li porterà a vagabondare in un universo fatto di emarginati, giovani capitanati da Bob, il padre spirituale della perdizione di Scott. 
Il grigiore di Seattle, con le sue luci e i suoi sexy shop, vengono spazzati via in un momento di sonno profondo per dare spazio alle nuvole mobili dell’Idaho, con il suo splendido cielo blu e la strada deserta che può portare in qualsiasi direzione. E in quella strada Mike sogna di essere tra le braccia di sua madre, donna misteriosa che riemerge solo in forma di ricordi, di sogno.
Mike cerca disperatamente quel calore umano, portato via dal vento freddo di una giornata uggiosa di Seattle, lo cerca in un contatto rude e fugace con il cliente di turno, lo cerca nei quartieri alti di Portland, con le sue villette e i suoi viali colmi di foglie secche. E in quel di Portland trova Scott il ribelle, giovane rampollo insofferente alle regoli sociali.
La versione contemporanea dell'Enrico IV shakespeariano a differenza di Mike ripudia la sua famiglia, odiando quel padre capitalista che pensa solo al denaro. Gli agi e le convenzioni borghesi lo soffocano, e cerca di distruggere le convenzioni provocando scandali e vivendo per strada.
Scott rifiuta il padre e trova in Bob un nuovo padre putativo, Mike cerca disperatamente le sue radici e viene adottato da questa famiglia di sbandati, gruppo di freaks che vivono di espedienti. Entrambi usano il proprio corpo, per soldi (Scott), per sopravvivere e cercare un contatto fisico e umano (Mike), entrambi sono alla ricerca di loro stessi.
L’Idaho non è solo nella mente di Mike, ma è anche lo Stato dove vive il fratello Richard, pittore dalla vita tormentata che gli svelerà segreti nascotsi e scheletri dell’armadio, portando Mike a prendere un aereo per Roma, la capitale italiana dove dovrebbe vivere la madre.
Mike la cerca, Mike non la trova, finendo per perdere anche Scott, che, in nome dell’amore per Carmela ritorna a casa.
Il cerchio si chiude, ritornano a Portland, ognuno per la propria strada. 
Belli e dannati è uno dei più bei film di Gus Van Sant. La pellicola è modellata sull'Enrico IV di William Shakespare, ma trasuda di cultura beat anni Cinquanta che resero celebri Jack Kerouack e Allen Ginsberg, mixata con la grunge generation, che ha il cuore pulsante proprio a Seattle, dove iniziano le avventure di Mike Waters.
In un circo di giovani disadattati, Mike trova la sua famiglia che gli è stata negata, anche se sono tossicodipendenti e vivono di espedienti.
Van Sant riesce a immergere queste persone che per la società sono dei disperati, e li rappresenta in tutta la loro folle vitalità, caratteristiche di cui sono privi i borghesi,  soffcati in una fitta coltre di snob. Disprezzati da quei borghesi che riversano su di loro ogni perversione, imprigionati nella loro ipocrisia.
E se i ricchi vedono i poveri con ribrezzo, i reietti di Van Sant hanno un cuore che pulsa sotto i vestiti dimessi, le occhiaie delle notti passate in bianco a fare bagordi, con un’umanità e una filosofia di vita che ormai è schiacciata dall’omologazione della società.
Tale elemento viene sottolineato nella scena del doppio funerale, del padre di Scott e di Bob: così composto, serioso il primo; così appariscente, con quel dolore urlato sinceramente, creando una litania che al giovane Scott risulta fastidioso, ma che Van Sant trasforma in una ballata straziante. 
Gus Van Sant con Belli e dannati, firma un manifesto poetico dei looser, incarnati in maniera sublime da River Phoenix, dolente e sognatore e Keanu Reeves nella sua sfrontata ribellione.
Due anime perse immerse in posti, situazioni, viaggi, percorsi formativi e non, in quei luoghi, con quella landa desolata e deserta, con quel meraviglioso Idaho dove il nulla porta pur sempre da qualche parte.
Mike nel suo Idaho privato, in preda al sonno viene derubato. C’è crudeltà nel mondo. Mike che nel suo sonno viene soccorso e portato al riparo chissà dove. C’è ancora speranza per questo mondo.

Voto: 8

martedì 10 settembre 2013

IL PRINCIPE ABUSIVO


Paese: Italia
Anno: 2013
Genere: commedia
Regia: Alessandro Siani
Sceneggiatura: Fabio Bonifacci
Cast: Alessandro Siani, Christian De Sica, Sarah Felberbaum, Serena Autieri, Nello Iorio, Lello Musella, Alan Cappelli Goetz, Salvatore Misticone, Marco Messeri, Corrado Invernizzi
 
Dopo il successo di Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord, Alessandro Siani è tornato lo scorso San Valentino al cinema, dirigendo e interpretando Il principe abusivo, da lui stesso sceneggiato insieme a Fabio Bonifacci, autore proprio di Benvenuti al nord e di numerose commedie di successo, come Diverso da chi?, Amore, bugie e calcetto, C'è chi dice no, Lezioni di cioccolato e Si può fare.
Protagonista del film è Antonio Di Biase (Siani), scroccone di professione, che viene scelto da Letizia, principessa d'altri tempi in cerca di notorietà (Sarah Felberbaum), come fittizio fidanzato. Aiutato dal ciambellano di corte (Christian De Sica), Antonio imparerà l'etichetta e cercherà di conquistare il cuore della bella Letizia.
Con Il principe abusivo, che quasi sicuramente chiuderà il 2013 come film che ha incassato di più nel nostro paese, Siani si avvia ad assumere il ruolo del Leonardo Pieraccioni degli Anni Dieci, anche se a lui piacerebbe assomigliare di più a Massimo Troisi (va beh...). Il suo successo al botteghino si spiega forse grazie ad una comicità un po' meno volgare rispetto ad altri colleghi del mestiere e che ha reso davvero il suo film un film per tutte le famiglie (cosa che mi è sempre riuscita difficile da sostenere per i film dei fratelli Vanzina e di Neri Parenti, sebbene intere famiglie andassero a vederli).
L'originalità della trama è pressoché nulla, con Antonio che è il rospo che aspira al bacio della principessa: ma, forse, il suo aspetto assomiglia più a quello di un topo, suo diretto concorrente quando scrocca e quando si offre, ovviamente in cambio di denaro, come cavia di laboratorio. L'Antonio di Siani è chiaramente il mattatore del film, che si limita solo a lasciare un po' di spazio a Christian De Sica, con cui costituisce un duo abbastanza riuscito; simpatica la figura del traduttore che fa da mediatore tra i due. Come in Benvenuti al Sud e in Benvenuti al Nord, il messaggio proposto, nonché cavallo di battaglia di Siani, che sembra essersi prefissato l'obiettivo di far amare i napoletani ai leghisti, è che anche ogni differenza, anche notevole, può essere superata.
Glaciale e inespressiva, invece, Sarah Felberbaum nei panni della principessina, incapace di liberarsi dal manico di scopa in cui è imprigionata neppure quando il copione lo richiede.
Nel complesso, il film strappa anche qualche risata; tuttavia, se la prima parte non è un granché, ma è comunque sostenibile, la seconda si trascina in modo melenso ed imbarazzante, rendendosi pressoché inguardabile. Per non parlare della colonna sonora, che tra nuove e vecchie canzoni napoletane fa davvero venire i brividi.

 Voto: 5

lunedì 9 settembre 2013

GLI UCCELLI


Titolo originale: The birds
Paese: U.S.A.
Anno: 1963
Durata: 120 min.
Genere: horror
Regia: Alfred Hitchcock
Soggetto: Daphne Du Maurier
Sceneggiatura: Evan Hunter
Cast: Jessica Tandy, Rod Taylor, Suzanne Pleshette, Tippi Hedren, Veronica Cartwright


La giovane e affascinante Melania Daniels si reca da San Francisco nel piccolo villaggio di Bodega Bay per portare un dono alla sorellina di un rampante avvocato conosciuto soltanto il giorno precedente, Mitchell Brenner.
Proprio quel giorno, in paese cominciano a verificarsi con sempre maggiore irruenza strani attacchi di gabbiani e corvi nei confronti della popolazione.
Non c'è nulla di particolarmente interessante che io possa aggiungere rispetto a quanto sia stato già detto di uno dei capolavori della cinematografia mondiale come Gli uccelli del grande Alfred Hitchcock. Analisi ed interpretazioni, anche le più bizzarre, si sono succedute nel tempo. Certamente, si tratta di un film oscuro ed inquietante che, come Psycho, rimane dentro.
La pellicola comincia come se si trattasse di una qualunque commedia romantica e per una buona mezz'ora la pace e la tranquillità regnano sovrane. Ma quando Melania subisce il primo attacco, le cose cominciano velocemente a precipitare.
Non si può negare che vedere oggi certi effetti speciali, pure innovativi nel 1963, fa sorridere. Ma la grandezza del lavoro di Hitchcock, che ha saputo costruire un'opera universale, è innegabile. Straordinari sono gli effetti sonori, realizzati attraverso il mixaggio di suoni naturali, come il battito d'ali e il gracchiare degli uccelli, che costituiscono l'unica terribile e martellante colonna sonora. Per tutto il corso del film lo spettatore è portato a porsi solo una domanda "perché gli uccelli attaccano?", ed essa è sufficiente a creare ansia ed inquietudine. Gli stessi protagonisti, nella parte centrale del film, cercano di comprendere la motivazione, ma, come Hitchcock sembra suggerire, all'orrore non può essere mai data una spiegazione. 
Bellissima e spaventosa l'inquadratura finale, aperta ad ogni scenario e ad ogni possibile interpretazione. Anche qui emerge la genialità del regista inglese, perché un finale "aperto" era davvero raro in un film di quell'epoca.

Voto: 9 

domenica 8 settembre 2013

IN TRANCE


Titolo originale: Trance
Paese: Regno Unito
Anno: 2013
Genere: thriller
Durata: 101 min.
Regia: Danny Boyle
Sceneggiatura: John Hodge, Joe Ahearne
Cast: James McAvoy, Rosario Dawson, Vincent Cassel, Danny Sapani, Matt Cross, Wahab Sheikh, Mark Poltimore, Tuppence Middleton, Simon Kunz, Spencer Wilding

Diretto da Danny Boyle (The Millionaire, 127 ore), In trance è un thriller contorto e aggrovigliato, che rinvia ad una interessante contemporanea cinematografia sul sogno e l'incoscio (Inception, Se mi lasci ti cancello), senza tuttavia raggiungere il livello dei suoi predecessori.
Simon (James McAvoy), dipendente di una casa d'asta, per riparare i propri debiti di gioco aiuta una banda di criminali a rubare un famoso quadro di Goya. Tuttavia, durante la rapina, subisce un colpo in testa e, una volta sveglio, non riesce a ricordare dove ha nascosto il prezioso dipinto. Dal momento che neppure la tortura sembra sortire effetti utili, Frank, il capo banda (Vincent Cassel), contatta un'ipnoterapeuta, Elizabeth (Rosario Dawson), affinché quest'ultima riesca a ritrovare nella mente di Simon il luogo in cui è nascosto il quadro.
L'ambientazione elegante e raffinata dell'inizio fa pensare ad un giallo classico, ma il colpo in testa subito da Simon sconvolge tutti i piani.
La ricerca del luogo perduto attraverso l'ipnosi, invece che sbrogliare la matassa, complica ancor più le diverse prospettive ed è fin dall'inizio chiaro che Elizabeth non è una semplice terapeuta con un interesse "scientifico", ma che la donna nasconde un pesante segreto. Da questo punto di vista, emerge come il vero protagonista del film non sia Simon, interpretato da un ottimo James McAvoy, a suo agio nei panni un individuo inetto e pavido, bensì per l'appunto Elizabeth, una splendida Rosario Dawson nei panni di una donna che ha subito una forte violenza e che trova la rivincita e il riscatto personale attraverso la perseveranza e il lavoro appassionato, ma disincantato.
Boyle racconta l'ipnosi e i sogni alternando momenti drammatici a momenti che fanno quasi pensare che il film stia per avere una svolta più leggera e comica, per poi sprofondare di nuovo nel dramma o, meglio nell'orrore, condito da elementi splatter sparsi qua e là, tipici dello stile del regista inglese.
Tuttavia, la scelta di rendere la mescolanza del sogno e della realtà attraverso la stessa mescolanza degli stili non convince fino in fondo per un continuo cambiamento instabile e repentino. Inoltre, troppi argomenti vengono proposti (la violenza sulle donne, l'ideale di bellezza nell'arte e nella realtà, la psicanalisi) senza un approfondimento serio o comunque significativo, che possa conferire al film una aurea di verosimiglianza che, effettivamente, non ha.
Per non parlare, poi, dei diversi vuoti di sceneggiatura e dello stesso finale che dovrebbe spiegare tutto, ma che non spiega alcunché.

Voto: 4 e 1/2

Attenzione! Spoiler nei commenti

venerdì 6 settembre 2013

BLOOD DIAMOND


Titolo originale: Blood Diamond
Paese: USA
Anno: 2006
Durata: 143 min.
Regia: Edward Zwick
Soggetto: Charles Leavitt, C. Gaby Mitchell
Sceneggiatura: Charles Leavitt
Cast: Leonardo DiCaprio, Jennifer Connelly, Djimon Hounsou, Michael Sheen, Kagiso Kuypers, Arnold Vosloo, Antony Coleman, Basil Wallace

Blood diamond è un film del 2006 diretto da Edward Zwick (Vento di passioni, L'ultimo Samurai, Amore e altri rimedi), ambientato nel 1999 in Sierra Leone durante la guerra civile tra il governo e l'esercito del R.U.F. per il controllo del territorio e lo sfruttamento delle ricchezze del paese, in particolare quella dei diamanti.
Leonardo DiCaprio interpreta Danny Archer, un contrabbandiere originario dello Zimbabwe, che decide di aiutare un pescatore cacciato dalla propria terra e in cerca della propria famiglia, Solomon (Djimon Hounsou), per avere in cambio un enorme diamante rosa. Durante il viaggio i due saranno aiutati da Maddy (Jennifer Connelly), giornalista americana alle prese con un'inchiesta scomoda. 
Il film di Edward Zwick ha il merito di aver mostrato una piaga dolorosa ed attuale della storia africana, rivelando un'amara verità: l'Africa non è povera, tutt'altro. E' ricca di materie prime, prelevate indirettamente dalle multinazionali sotto l'ala protettiva dei governi occidentali, che a loro volta fomentano le guerre civili sul suolo africano e voltano la testa di fronte ai continui massacri.
Zwick gira delle impeccabili scene di guerra, scandite da una colonna sonora rap/hip hop, musica nata nei sobborghi americani e che in Blood diamond diventa l'unica colonna sonora possibile in una tanto devastata "periferia" del mondo.
La parabola dei diversi personaggi scolpiti nella sceneggiatura di Charles Leavitt non si dispiega in modo particolarmente originale, anzi è sin dall'inizio chiaro quale sarà la loro crescita durante il film. Tuttavia, sia Leonardo DiCaprio (che recita con un incredibile accento sudafricano) che Jennifer Connelly e Djimon Hounsou riescono a dare una profonda umanità ai loro personaggi, nonostante la semplicità della loro rappresentazione.
In particolare, bravo e commovente è Djimon Hounsou nei panni di un padre guidato unicamente dal proprio amore, che non si lascia andare per vinto neppure quando scopre che il figlio è stato assoldato nell'esercito dei bambini dei RUF. 
Ed è proprio l'esercito dei bambini che non si può dimenticare. Immagini crude, che mostrano una verità terribile ignorata o volutamente tralasciata, soprattutto quando guardiamo le riviste patinate piene di gioielli e diamanti, che prima o poi, finalmente, riusciremo ad acquistare.

Voto: 8


giovedì 5 settembre 2013

SCUSA, MI PIACE TUO PADRE


Titolo originale: The Oranges
Regia: Julian Farino
Paese: U.S.A.
Anno: 2011
Sceneggiatura: Ian Helfer, Jay Reiss
Genere: commedia romantica

Cast: Hugh Laurie, Leighton Meester, Catherine Keener, Oliver Platt, AdamBrodi, Alia Martine Shawkat

Scusa, mi piace tuo padre è una commedia americana di fine 2012 uscita in prossimità delle vacanze natalizie, probabilmente con la speranza di catturare un pubblico a digiuno di cinema attraverso la notorietà televisiva dei suoi protagonisti: Hugh Laurie alias il Dottor House, Leighton Meester, alias Blair di Gossip Girl, Adam Brody alias Seth Coen di The O.C., nonché Oliver Platt da The Big C. e Alia Martine Shawkat da Arrested development. 
Il risultato è, ahimé, una commedia mediocre, con buoni attori ritrovatisi a recitare battute impronunciabili. 
Il centro della storia, banalmente riassunto dal titolo italiano di moccianiana memoria, ruota intorno all'infatuamento di David (Laurie), cinquantenne con due figli in crisi matrimoniale, per Nina (Meister), la figlia ventiquattrenne dei vicini di casa nonché migliori amici dello stesso David e di sua moglie. 
Il film non si concentra tanto sulla fase dell'innamoramento tra David e Nina, che anzi avviene all'inizio del film, quanto sugli effetti che una relazione così poco convenzionale produce sui loro familiari. Purtroppo, la sceneggiatura, incapace di approfondire i diversi personaggi, rimane un po' in bilico tra la commedia e il dramma e non è in grado di produrre né forti tensioni drammatiche, né efficaci momenti comici.
I due protagonisti, David e Nina, seppure interpretati da due attori molto amati dal pubblico, non riescono purtroppo con la loro interpretazione a sfondare il muro della rappresentazione superficiale dei loro sentimenti. Inoltre, i due sono circondati da personaggi caricaturali, che pure non riescono ad accattivarsi la simpatia dello spettatore, poiché la loro deformazione non è accompagnata da dialoghi adatti. 

Voto: 4


domenica 1 settembre 2013

Ho voglia di leggere: SHADOWHUNTERS - CITTA' DI OSSA


La mia curiosità verso i fenomeni teen pop/horror ha colpito ancora e così ho deciso di leggere Shadowhunters - Città di Ossa, il romanzo di Cassandra Clare da cui è stata tratta l'omonima pellicola in questi giorni nei cinema con protagonisti Lily Collins (Biancaneve) e Jamie Campbell Bower (The Twilight Saga).
Il romanzo racconta la storia di Clary, ordinaria ragazza newyorkese, che, a seguito della scomparsa della madre, scopre di essere una cacciatrice di demoni. L'incontro con altri cacciatori, in particolare con il tenebroso Jace, la porterà a mettere in discussione tutte le sue certezze.
Per la storia d'amore tra i due protagonisti e anche per il chiaro proposito di scalzare Twilight dal cuore dei fan, la saga di Shadowhunters, composta al momento da cinque romanzi, è stata ovviamente paragonata alla saga creata da Stephenie Meyer. Tuttavia, tra le sue pagine emerge con prepotenza il suo legame con la saga di Harry Potter stante l'esistenza di un mondo sotterraneo dotato di un proprio ordinamento e sconosciuto agli esseri umani (in Shadowhunters "mondani" invece che "babbani"). 
Nel romanzo non mancano comunque tracce di novità in qualche elemento, come l'introduzione del tema dell'omosessualità, del tutto sconosciuto a questo genere. Anche il finale, che per fare un complimento esagerato potremmo dire di ispirazione sofoclea, si rivela inaspettato e originale.
Per il resto, la caratterizzazione dei personaggi, e in particolare dei due protagonisti, lascia un po' a desiderare, ma immagino che Jace, il protagonista maschile, sia dotato di fascino più che sufficiente per catturare il cuore delle adolescenti, almeno di una buona parte.

Voto: 4 e 1/2