Titolo originale: Eat, Pray, Love
Paese: U.S.A.
Anno: 2010
Regia: Ryan Murphy
Genere: Commedia
Durata: 133 min.
Cast: Julia Roberts, Javier Bardem, Richard Jenkins, James Franco, Billy Crudup
Soggetto: Elizabeth Gilbert
Sceneggiatura: Ryan Murphy, Jennifer Salt
Elizabeth Gilbert (Julia Roberts) è una scrittrice di successo, ha un marito che ama (Billy Crudup), una splendida casa a New York e una vita sociale intensa.
Durante un viaggio di lavoro a Bali, uno sciamano le predice che avrà un matrimonio corto e uno lungo e tornerà di nuovo in questo paradiso.
L’insoddisfazione si impossessa di lei inesorabilmente e Liz decide di troncare il matrimonio, finendo poi invischiarsi in una storia d’amore senza futuro con un giovane attore (James Franco). La fine di questa relazione e la profonda crisi in se stessa la porta a compiere un viaggio di un anno, vivendo quattro mesi a Roma, quattro mesi in India e quattro mesi a Bali.
Questo pellegrinaggio la porterà a scoprire i piaceri del cibo, la contemplazione nella preghiera e soprattutto imparerà ad amare.
Mangia prega ama segna il ritorno da protagonista di Julia Roberts, l’ex Pretty Woman divenuta una splendida quarantenne. Peccato che lo faccia con il film sbagliato.
La pellicola diretta da Ryan Murphy è una serie interminabile di luoghi comuni, a cominciare dalla parte americana che dovrebbe spiegare il perché di tale male di vivere è troppo lunga e superflua con momenti imbarazzanti (come quando l’ex marito le canta “Vigliacca! Vigliacca”).
Si poteva supplire con una serie di flashback, che forse avrebbero reso più interessante le motivazioni di questo viaggio.
I cliché si sprecano a cominciare dal primo viaggio. Liz va nella capitale italiana per scoprire l’arte del mangiare e naturalmente trova subito un’amica americana e tanti simpatici indigeni del luogo (tra cui Luca Argentero) che le descrivono l’arte del dolce far niente degli italiani (e che altro se no?!?) che passano le giornate a mangiare e a fare l’amore.
Infatti Roma è la città del sesso, dove ci sono i romani che corrono dietro le sottane delle belle figliole (avvilente, ci mancava solo il classico epiteto “abbella”… ) e delle abbuffate, ovviamente, e la quarantenne americana in quattro mesi di permanenza non si degna minimamente di visitare le bellezze artistiche che hanno reso famosa Roma in tutto il mondo, d’altronde è andata in Italia solo per mangiare, no?
Qualche momento divertente c’è come nei significati dei gesti, perché in effetti è vero, gli italiani comunicano molto con le mani oltre che con le parole, la scena in cui non entra nei pantaloni perché è ingrassata suscita qualche sorriso; così come è interessante la sequenza in cui Liz mangia un piatto di asparagi leggendo il giornale rilassandosi, forse una delle poche visioni del popolo italico meno offensiva.
Comunque ciò non cancella l’onta di essere rappresentati come dei nullafacenti rincretiniti.
Il quadretto italiano termina con una cena familiare che dovrebbe richiamare il giorno del ringraziamento e si conclude con un “volemose bene” collettivo.
Dopo i peccati di gola arriva il momento dell’espiazione e della preghiera con un viaggio in India, la parte più noiosa di tutto il film.
Liz cerca il conforto da una santona che in realtà se ne sta tranquilla e beata a New York e s’imbatte in un americano che sta facendo un percorso di pentimento dopo aver quasi investito il figlio. Un grande Richard Jenkins mal utilizzato con tanto di scena madre patetica, veramente un peccato usare così un attore così talentuoso.
Liz non si fa mancare neanche la ragazzina indiana che sogna di studiare psicologia e invece finisce per sposare un ragazzo che non ama e la scena del matrimonio che in teoria dovrebbe mostrare la cultura del luogo, avviene in modo grossolano e superficiale.
Questa parte è la più sonnolenta di tutto il film e a parte qualche flashback della sua vita da “donna borghese”, non si arriva ad un vero e proprio scavo della psicologia della protagonista, né tanto meno ai suoi tormenti interiori.
Lasciata l’India si va verso Bali e per lo spettatore, ormai stremato da cotanto tedio, arriva una piccola boccata di aria fresca. La visione dell’Indonesia è così bella da far distrarre lo spettatore dalla superficialità dell’intera operazione con meravigliosi paesaggi utili anche per coprire le falle di una sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti.
La parte “ama” alla fine risulta essere la migliore, anche perché si tenta dopo quasi due ore di arrivare ai tormenti che angosciano Liz che le impediscono di provare dei sentimenti autentici. Grazie anche al fascinoso Felipe interpretato da Javier Bardem (che qui interpreta un brasiliano, ma perché?!?) che aggiunge un po’ di pepe a questa grossa zuppa insipida.
Ovviamente non manca anche qui l’americano di turno che le fa la corte (per la serie paese che vai, americano che trovi) e il momento di patetismo con la charity collettiva realizzata grazie ai suoi amichetti conosciuti durante il suo viaggio introspettivo.
Mangia, prega, ama è un film che si lascia vedere solo grazie alla grande Julia Roberts, che riesce a sopportare sulle sue spalle la pesantezza di un film lento.
Roberts, Jenkins e Bardem sono i migliori, un po’ di perplessità nell’interpretazione di James Franco, attore che vorrebbe fare lo sguardo da aria vissuta mentre invece sembra che soffra di congiuntivite.
La pellicola diretta dal regista televisivo Ryan Murphy (Nip/Tuck) alla fine è un crogiuolo di luoghi comuni, buttando alle ortiche i piaceri forti che hanno portato la vera Liz Gilbert ha raccontare la sua avventura, finendo per creare una grande e interminabile cartolina che dura più di due ore.
Voto: 4,5
Alessandra Muroni