domenica 19 gennaio 2014

OBLIVION


Recensione di Marco Zaninelli

Titolo originale: Oblivion
Paese: U.S.A.
Anno: 2013
Durata: 135 min.
Genere: fantascientifico
Regia: Joseph Kosinski
Sceneggiatura: Joseph Kosinski, William Monahan, Karl Gajdusek, Michael Arndt
Cast: Tom Cruise, Morgan Freeman, Melissa Leo, Olga Kurylenko, Andre Riseborough, Zoe Bell, Nicolaj Coster-Waldau

Molti si accomoderanno sulle poltrone del cinema attendendosi una pellicola fantascientifica dall’impostazione banale ma certo coinvolgente: una trita guerra aliena, le solite intense sparatorie, gli sguardi di Tom Cruise e la grandezza dell’inarrivabile Morgan Freeman. Sarete smentiti, almeno per ciò che riguarda la trama. 
A primo acchito il film narra “un post”, almeno rispetto a quello che solitamente viene raccontato in questo genere di pellicole. L’umanità ha vinto la sua guerra dei mondi ma il pianeta è irrimediabilmente perduto, la razza aliena che ha invaso la Terra ci ha costretti all’uso dell’immancabile deterrente nucleare. L’umanità sta quindi raccogliendo risorse utili alla partenza, all’abbandono definitivo della pianeta ormai compromesso: immense pompe raccolgono l’acqua per la fusione all’idrogeno mentre una gigantesca base spaziale (che ha una curiosa forma piramidale ... a qualcuno potrà ricordare una certa simbologia divina ... piramide e occhio onnisciente) attende in orbita gli ultimi tecnici che si occupano di queste preziose e delicate operazioni preparatorie. Ecco allora Jack Harper (Tom Cruise), con la moglie (Andrea Riseborough) addetta alle comunicazioni, nella loro routine quotidiana: mantenere il contatto con la base, riparare i droni che si occupano della sorveglianza, ecc. dal momento che qualche alieno sopravvissuto compie ancora sporadici tentativi di sabotaggio. Intorno alla bianchissima e modernissima base da cui ogni mattina Jack parte, una sorta di attico extralusso con piscina a strapiombo sul vuoto e pista di decollo, la terra di “compromesso” sembra avere ben poco; anzi, dall’assenza umana sembra solo aver guadagnato. Jack deve solo tenersi ben lontano da una zona offlimits, ma per il resto si può godere, e noi con lui, le eccezionali viste, sconfinati e verdeggianti territori, stretti canyon, fiumi, pianure infinite, dove unico ricordo dell’umanità sono carcasse di navi, edifici già inglobati da una terra vorace, l’immancabile braccio della statua della libertà (presente in ogni buon film postapocalittico!), un terreno scolpito da immensi crateri di bombe, per altro anch’essi già riconquistati dalla natura; in ultimo, udite udite, ci sono dei libri; e proprio quelli di carta. 
Assistiamo quindi alla routine di un uomo che, in ogni caso, va al lavoro con il mitra, affronta le piccole difficoltà che possono capitargli e anche laddove ci aspetteremmo un attacco degli striscianti, animaleschi e bellicosi alieni, fuoriusciti dalle viscere e dai ruderi, tutto si risolve con l’intervento degli onnipresenti droni di sorveglianza, pronti a disintegrare qualsiasi essere possa minacciare il nostro buon tecnico. 
Jack tuttavia è afflitto da sogni ricorrenti, da ricordi del suo passato (come è spiegato all’inizio del film la memoria dei sopravvissuti è stata cancellata) e dall’immagine di una donna (Olga Kurylenko) che lo tormenta . Sente che la terra è ancora casa sua, colleziona libri e altri oggetti che, senza esclusioni, come si vedrà una volta svelati gli arcani, risulteranno tutti riconducibili al suo passato. Fin dal titolo, il desiderio e la volontà di dimenticare, o nel caso di Jack di ricordare ciò che è andato perso, sarà un elemento costante, soprattutto nei rapporti tra lui e la moglie. 
Ma ecco emergere l’ottima sceneggiatura, ritoccata da una graphic novel (opera dello stesso registra del film, Joseph Kosinski, già visto in Tron Legacy); al dubbio sistematico dello spettatore e al timore che le proprie domande non ottengano risposte nemmeno al termine della proiezione si somma un mistero in un crescendo di complicanze e sovrapposizioni che stordiscono e confondono; il più straniante, pur cercando di non svelare completamente il finale, sarà quella di trovarci due Jack Harper, identici, pronti a combattersi. 
La trama risulta quindi originale, ingarbugliata e complessa; in un perfetto mix di azione e suspense che stimola lo spettatore a ipotizzare, a cercare spiegazione all’intricarsi degli eventi: la presenza, sotto le spoglie degli extraterrestri di altri umani, tra cui il sempre eccelso Morgan Freeman o l’arrivo sulla terra di un modulo con equipaggio ibernato in cui Jack ritroverà la donna che tormenta i suoi sogni. Tutto alla fine sarà spiegato, il cerchio si chiuderà perfettamente; persino alcune formule e locuzioni ripetute con cui Jack e lamoglie comunicano con “Sally”, la base spaziale in orbita, troveranno il loro perché. 
Un'ultima notazione: nel film, coerentemente con la trama che non si vuole svelare, viene esplicitata quello che dovrebbe caratterizzare un essere umano, ciò che lo distinguerebbe dall’alieno, dall’altro da sé. Beh, sono caratteri su cui ci sarebbe molto da riflettere: i libri, in primo luogo, la curiosità, il desiderio di conoscenza e infine l’amore e il senso di sacrificio. Molta carne al fuoco, ma d’altra parte «fatti non foste a viver come bruti/ ma per seguir virtute e conoscenza»! 
Un libro in particolare viene aperto durante il film, da cui viene anche recitato un piccolo stralcio; si tratta di un opera non particolarmente celebre ma interessante da riscoprire, di cui non esistono traduzioni o edizioni moderne, i Canti di Roma antica di Thomas Babington Macaulay, canto I, XXVII: 

Then out spake brave Horatius, 
The Captain of the Gate: ``To every man upon this earth 
Death cometh soon or late. 
And how can man die better 
Than facing fearful odds,
 For the ashes of his fathers, 
And the temples of his gods. 

Ovvero nella traduzione datata 1869: 

Allor l’invitto capitano Orazio,
Della porta custode favellò: 
«A morte ogni uom su questa terra è sacro; 
O presto o tardi ella s’ aggiugne: 
e come Uom può meglio morir, che osando impavido 
Disfìdar tanti orribili’ perigli 
Pel cenere de’ padri, e per i templi 
De’ patrii Numi.

Nel film si è optato per una nuova traduzione, meno fedele ma più adatta a un ampio pubblico e certamente di maggiore effetto: 

E per un uomo quale fine migliore 
Che affrontare rischi fatali 
Per le ceneri dei suoi padri 
E per i suoi dei immortali. 

Infine, per concludere, i più arditi potranno vedere l’opera di Macaulay direttamente free su Google books: 

http://books.google.it/books?printsec=frontcover&dq=canti+di+roma+antica&ei=NDiRUYKAJ9HB7AbchIGoAg&id=m0M2AQAAMAAJ&hl=it&output=text

Voto: 7

Se vi è piaciuto guardate anche: After earth, Prometheus, Avatar, Cloud Atlas

1 commento:

  1. Apprezzo molto la sorpresona
    Come in SHUTTER ISLAND il protagonista scopre la realtà in modo traumatico, capovolgendo totalmente i suoi schemi
    CONCORDO PIENAMENTE sull'importanza dei libri; come hai detto, hanno il compito di svegliare la mente umana dai sogni e dai dogmi

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