mercoledì 27 novembre 2013

Meniamo le mani: come ti omaggio un eroe d'azione - THE KARATE KID

 

Questo post fa parte della rassegna Meniamo le mani: come ti omaggio un eroe d'azione organizzata da un meraviglioso gruppo di volenterosi blogger cinefili.
La rassegna è iniziata lo scorso 25 novembre: ogni giorno un blog partecipante omaggia con un suo post un film d'azione.
Fino ad oggi hanno partecipato:
Il Cinema Spiccio di Frank Manila - Invasion USA
Movies maniac - Trappola in alto mare
Il Bollalmanacco del Cinema - Arma non convenzionale
Non c'è paragone - xXx
Ecco, invece, il calendario dei prossimi post:
30.11.2013 - White Russian - Battle of the damned
1.12.2013 - Director's Cult - Tango & Cash
2.12.2013 - Montecristo - Jimmy Bobo
3.12.2013 - 500filminsieme - Rocky 4
4.12.2013 -  Combinazione casuale
5.12.2013 - Pensieri Cannibali - Arma letale
Per il mio turno di oggi, la scelta era obbligata: un cult della mia infanzia, visto decine di volte. Ovviamente sto parlando di The Karate Kid


Titolo originale: The Karate Kid
Paese: U.S.A.
Anno: 1984
Durata: 126 min.
Genere: azione, sportivo
Regia: John G. Avildsen
Soggetto: R. M. Kamen
Sceneggiatura: R. M. Kamen
Cast: R. Macchio, P. Morita, E. Shue, M. Kove, W. Zabka, R. Heller
Trama: Daniel si è trasferito con la madre da il New Jersey a Los Angeles. Qui diventa vittima dei bulli della scuola, ma viene aiutato dal signor Miyagi, che gli insegna a difendersi con il karate.

"Prima lava tutte le macchine. Poi le lucidi, con la cera. Devi dare la cera con la mano destra e la devi togliere con la sinistra. Dai la cera, togli la cera. Il respiro lo prendi con il naso e lo emetti dalla bocca. Dai la cera, togli la cera. Non dimenticare il respiro, è molto importante"

E' questa una delle frasi più famose pronunciate dal maestro Miyagi in The Karate Kid, indiscutibile cult degli anni Ottanta, che è passato alla storia come il Rocky per adolescenti.
Non a caso The Karate Kid è diretto da John G. Avildsen, regista premio Oscar proprio per Rocky. Nella storia del cinema, gli omaggi a The Karate Kid non si contano: innanzitutto vanta tre seguiti, di cui due con Ralph Macchio e uno con Hillary Swank, nonché un passabile remake del 2010 con Jackie Chan e Jaden Smith.
Avildsen ha compiuto un lavoro eccellente, dirigendo una pellicola in cui narrazione e azione si mescolano efficacemente. Infatti, ciò che rende The Karate Kid un film speciale e godibile è il fatto di essere un film d'azione con il cuore: il personaggio interpretato da Ralph Macchio, Daniel, è il classico "sfigato", che dal nebuloso New Jersey si trasferisce nell'assolata California, dove si trova chiaramente fuori posto.
Se negli anni Ottanta il bel faccino di Ralph Macchio ha catturato naturalmente i cuori delle adolescenti,  la vera rivelazione del film è il personaggio interpretato da Pat Morita, il maestro Miyagi: un uomo che, come spesso accade nel cinema, è molto di più di ciò che mostra all'esterno. Grazie a lui Daniel non imparerà solo uno sport, ma anche una filosofia di vita, secondo cui ognuno può trovare la forza anche nelle cose più semplici, come il dare la cera all'auto.
Al lato opposto delle barricate, troviamo il maestro John Kreese, interpretato da Martin Kove, un individuo disonesto e spregevole, incapace di insegnare ai propri allievi la vera essenza del karate. Il suo discepolo prediletto è Johnny Lawrence (William Zabka), classico ragazzo viziato e violento. Si tratta di due personaggi negativi fondamentalmente a tutto tondo e privi di sfumature, a cui il film dedica ben poco approfondimento psicologico, a differenza degli eroi buoni - Daniel e il maestro Miyagi - che sono ben delineati e caratterizzati.
E' questo il principale neo del film, che tuttavia indubbiamente conserva una grande capacità espressiva. Sebbene il finale non possa che essere prevedibile, la pellicola ha tutti gli elementi al punto giusto - ironia, azione, suspence, romanticismo - per coinvolgere ed emozionare, permettendoci di percorrere con Daniel la strada che lo porterà a diventare campione.

Voto: 7 e 1/2

Se vi è piaciuto, guardate anche: ovviamente i seguiti con Ralph Macchio The Karate Kid 2, The Karate Kid 3, Rocky

 

Curiosità: The Karate Kid ha ricevuto recentemente un omaggio in How I met your mother. Sia Ralph Macchio che William Zabka sono comparsi nell'ottava stagione della serie nei panni di se stessi. William Zabka, che nel film del 1984 interpretava Johnny, il rivale di Daniel, nella serie attualmente in onda è diventato un personaggio ricorrente in quanto invitato al matrimonio di Barney e Robin.


martedì 26 novembre 2013

ORIGINALE VS. REMAKE: SABRINA

Secondo appuntamento con la rubrica Originale vs. Remake in collaborazione con Director's Cult.
Dopo Psycho, questo mese la scelta è caduta su Sabrina, commedia romantica del 1954 di Billy Wilder con Audrey Hepburn, William Holden e Humphrey Bogart, e sul remake che nel 1995 diresse Sidney Pollack con Julia Ormond, Harrison Ford e Greg Kinnear.
Di seguito, ecco a voi la recensione del film originale, mentre nel blog di Director's Cult troverete la recensione del remake. 


Titolo originale: Sabrina
Paese: U.S.A.
Anno: 1954
Durata: 113 min.
Genere: commedia romantica
Regia: Billy Wilder
Sceneggiatura: S. Taylor, E. Lehman, B. Wilder
Cast: A. Hepburn, H. Bogart, W. Holden, M. Heyer, J. Williams
Trama: Sabrina è la figlia dell'autista della ricca famiglia Larrabee di Long Island. Da sempre è innamorata di David Larrabee, che non l'ha mai notata. Dopo aver trascorso due anni a Parigi per un corso di cucina, Sabrina torna a casa più bella e sofisticata che mai ed entrambi i fratelli Larrabee si innamorano di lei.

Sabrina è una delle commedie più romantiche di tutti i tempi, che a quasi sessant'anni dalla sua uscita in sala continua ad ammaliare gli spettatori.
Gran parte del suo successo è dovuto all'intramontabile fascino del personaggio interpretato da Audrey Hepburn: una moderna Cenerentola elegante e sofisticata, che realizza i propri sogni, anche se in maniera inaspettata.
All'inizio del film, Sabrina è la classica ragazza innamorata di ciò che non può ottenere, perché, come dirà suo padre Thomas, "la vita è come una limousine: c'è chi si siede dietro e chi si siede davanti. E in mezzo c'è un vetro". In David, uno scapestrato incurante di ciò che lo circonda, la piccola Fairchild vede la possibilità di uscire fuori dagli schemi. Quando la ragazza torna da Parigi, la sua bellezza è finalmente fiorita, ma ciò ha portato con sè un irrimediabile cambiamento: Sabrina ha tutte le caratteristiche di una donna dell'alta società, alla quale, tuttavia, non appartiene (sempre suo padre: "Sabrina non appartiene alla villa e non appartiene più neanche al garage"). 
Quando, dopo tanti anni, Sabrina fa cadere ai suoi piedi David, il quale è disposto per lei a mandare all'aria un matrimonio milionario, la giovane comprende che spesso le cose sono diverse da come le si immagina.
Il film si mantiene per tutto il suo corso su un perfetto equilibrio tra romanticismo e commedia, senza essere mai mieloso o melodrammatico. Anche l'iniziale tentativo di Sabrina di suicidarsi per amore è talmente buffo da non risultare affatto drammatico. Numerose sono le scene memorabili: dalle lezioni di cucina a Parigi ai litigi del padre dei Larrabee con un bicchiere per la conquista di un'oliva.
Immancabile il lieto fine, forse uno dei migliori di sempre. Nonostante ciò, risuona l'eco dell'amara verità, ancora una volta nelle parole del saggio Thomas:
"Comunque non avrebbe funzionato, cara. Tutti quanti avrebbero certo detto: che democratico quel Larrabee a sposare la figlia di un autista! Ma avrebbero detto la stessa cosa di te? No... la democrazia può essere molto ingiusta alle volte, Sabrina, e nessun povero è mai stato detto democratico per aver sposato un ricco".

Curiosità: Pare che Audrey Hepburn e William Holden ebbero una breve relazione durante le riprese. 
Humphrey Bogart fu scritturato all'ultimo minuto dopo che Cary Grant rifiutò la parte di Linus. Molto probabilmente fu questa la causa dei numerosi dissidi tra Bogart e Wilder durante la lavorazione, che furono appianati solo poco prima della morte dell'attore avvenuta nel 1957.

Voto: 8

Se vi è piaciuto guardate anche: Arianna, A qualcuno piace caldo, Vacanze romane, Colazione da Tiffany
        


sabato 23 novembre 2013

ANCHE I BOIA MUOIONO


Recensione pubblicata su Cinema Bendato

Titolo originale: Hangmen also die!
Paese: U.S.A.
Anno: 1943
Sceneggiatura: J. Wexley
Regia: Fritz Lang
Genere: Storico, Drammatico
Durata: 131 min.
Cast: B. Donlevy (Frantisek Svoboda), A. Lee (Mascha Novotny), W. Brennan (Professor Stepan Novotny), G. Lockhart (Emil Czaka), D. O’ Keefe (J. Horak), M. Wycherly (L. Novotny), A. Granach (Alois Gruber), H. H. Von Twardowsky (Reinhard Heydrich)
Trama: Praga, 1942. La resistenza cecoslovocca riesce ad uccidere il governatore tedesco Reinhard Heydrich. I nazisti cominciano una violenta repressione tra la popolazione per scoprire l’identità dell’attentatore.

Il boia del titolo è il gerarca nazista Reinhard Heydrich, governatore di Praga dopo l’invasione tedesca, colpevole di sanguinose repressioni nei confronti del popolo cecoslovacco. Nel 1942 fu ucciso in un attentato organizzato dalla resistenza cittadina e, come risposta, i tedeschi organizzarono una violenta rappresaglia per scoprire l’identità del responsabile.
Nel 1943, quando fu girato il film, non si conoscevano ancora i dettagli di quanto accaduto. Fritz Lang ricostruì l’episodio concedendosi diverse inevitabili divergenze storiche.
Alla stesura della sceneggiaturà collaborò anche Bertold Brecht, ma fu deciso di non inserire il suo nome nei titoli, quando, a causa di alcuni dissidi con il regista, abbandonò il progetto.
Fritz Lang costruisce un dramma storico, mescolato ad un poliziesco classico. Da un lato, il film fornisce, infatti, una testimonianza in presa diretta delle atrocità compiute dal regime nazista, in particolare nei paesi occupati. A questa forza fredda e brutale, Lang contrappone una collettività cittadina unita e decisa nel combattere il nemico occupante. Il regista sottolinea l’importanza di valori quali la solidarietà e la comunanza di intenti in un ambiente freddo ostile, cui dà rilievo attraverso l’utilizzo di chiariscuri.
Dall’altro lato, attravero numerosi colpi di scena che arricchiscono la trama e tengono con il fiato sospeso lo spettatore, chiamato a partecipare emotivamente alle azioni intraprese dalla resistenza cecoslovacca, il film segue passo per passo le indagini compiute dalla Gestapo per scoprire l’identità dell’attentatore. Il personaggio dell’ispettore Gruber, incaricato delle indagini, non è poi tanto diverso da Hercule Poirot o da Auguste Dupin. In Anche i boia muoiono, la prospettiva, però, è ribaltata: nella pellicola di Lang, infatti, il “cattivo” è chi indaga e “innocente” è chi ha ucciso, ma alla fine, rientrando nei canoni del giallo, la polizia avrà un suo colpevole, anche se fittizio.
Il finale è amaramente positivo: già solo per questo motivo vale la pena di vedere il film, dato che, per naturali ragioni storiche, non può chiudersi con la liberazione di Praga, avvenuta nel 1945. Nonostante l’imprevidibilità degli esiti della guerra, la pellicola non si lascia comunque trascinare dalla depressione e dallo sconforto; anzi, Fritz Lang sembra proprio voler trasmettere il messaggio che, l’opera unita e valorosa della collettività può sconfiggere la dittatura. La morte dei boia è un’amara consolazione, ma altresì una forma di riscatto per chi tanto ha dovuto subire.

Voto: 7 e 1/2

mercoledì 20 novembre 2013

ZORAN IL MIO NIPOTE SCEMO


Recensione pubblicata su Storia dei Film

Titolo originale: Zoran - Il mio nipote scemo
Paese: Italia, Slovenia
Anno: 2013
Durata: 103 min.
Genere: commedia
Regia: Matteo Oleotto
Soggetto: D. Gambaro, P. Piciarelli, M. Pettenello, M. Oleotto
Sceneggiatura: D. Gambaro, P. Piciarelli, M. Pettenello, M. Oleotto
Cast: G. Battiston, R. Prasnikar, R. Citran, M. Slamic, R. Maranzana, T. Celio, D. Komissarov
Trama: Paolo è un quarantenne annoiato e dedito alle menzogne che trascorre le sue giornate nell'osteria del paese. Le sue abitudini subiscono una svolta quando si trova costretto a prendersi cura del nipote Zoran dopo la morte di una zia di cui non sapeva neppure l'esistenza. Sarà l'occasione per cambiare atteggiamento nei confronti degli altri e della vita.

Con toni nostalgici e agrodolci, Zoran - Il mio nipote scemo porta sullo schermo una storia di ordinaria follia, popolata da personaggi improbabili, ma non per questo meno reali, che occupano le osterie dei paesi che tutti in un modo o nell'altro abbiamo frequentato.
L'osteria, infatti, rappresenta il luogo di ritrovo di anime allegre e tristi allo stesso tempo, che conducono una vita piena di amarezze ravvivata grazie al vino.
Tra queste persone c'è Paolo, un quarantenne gretto e ignorante, con una vita alle spalle completamente sfasciata e che ha trovato nel bere un passatempo e al contempo uno sfogo alla sua inettitudine.
Paolo è una persona come tante, che sa essere assolutamente falsa e bugiarda, ma anche tremendamente vera e onesta. E' una persona che sfrutta tutto ciò che gli altri possano offrirgli fino ad esaurirne l'ultima goccia di pazienza e senza provare nei loro confronti la minima gratitudine. Nella vita di Paolo che si trascina ogni giorno sempre uguale e senza svolte, arriva Zoran, un sedicenne timido e imbranato, che parla solo un incerto italiano imparato sui libri e che non può non mettere in crisi tutte le sue certezze. Zoran è l'opposto di Paolo: sensibile ed educato, ha ricevuto dalla vita solo pugni in faccia. I due inevitabilmente si scontrano, ma dal confronto ognuno dei due esce rinnovato.
Il film  non si lascia sconvolgere dall'elemento tragico presente nella vita dei protagonisti, ma con il sorriso sulle labbra ne racconta senza compiacimento le personali stranezze. E' come se, gettando un occhio su vite normali e tristi, si fosse concesso per riderci su un buon bicchiere di vino.

Voto: 7

domenica 17 novembre 2013

HUNGER GAMES: LA RAGAZZA DI FUOCO


Titolo originale: Hunger Games: Catching Fire
Paese: U.S.A.
Anno: 2013
Genere: fantasy, drammatico, azione
Durata: 146 min.
Regia: Francis Lawrence
Soggetto: Suzanne Collins
Sceneggiatura: Michael Arndt, Simon Beaufoy
Cast: J. Lawrence, J. Hutcherson, L. Hemsworth, P. Seymour Hoffman, W. Harrelson, E. Banks, D. Sutherland, S. Claflin, Lenny Kravitz, Jena Malone, Stanley Tucci, J. Wright
Trama:  Dopo la vittoria agli Hunger Games, Katniss (Jennifer Lawrence) e Peeta (Josh Hutcherson) si parlano a malapena. Sono costretti a mettere da parte i reciproci rancori quando, all'inizio del tour della vittoria, il presidente Snow invita Katniss a mostrarsi perdutamente innamorata del suo compagno se non vuole che faccia del male ai suoi cari.

Dopo il racconto dell'anteprima romana, ecco a voi la recensione del secondo capitolo della saga iniziata l'anno scorso con Hunger Games e che prosegue quest'anno con Hunger Games: La ragazza di fuoco.
Ciò che colpisce di Hunger Games è il fatto di rappresentare un mondo distopico che l'umanità potrebbe davvero arrivare a conoscere. Abbiamo avuto e abbiamo ancora reality shows, abbiamo avuto e abbiamo ancora dittature repressive e sanguinarie, abbiamo avuto e abbiamo ancora una mostruosa differenza di condizioni di vita tra ricchi e poveri. Per cui, in realtà, se riflettiamo bene, il nostro mondo non è poi così distante da quello di Hunger Games.
Il primo capitolo della saga era un film ben diretto e ben raccontato, che, però, rimaneva un po' freddo rispetto al romanzo. La forza del film risiedeva nella brutalità della violenza che coinvolgeva bambini e adolescenti, realizzata da un sistema dittatoriale totalitario sullo stile di 1984 di George Orwell. I sentimenti e i caratteri dei protagonisti rimanevano più ai margini e Katniss rappresentava un'eroina a tutto tondo, molto più matura rispetto alla sua età (sedici anni).
Presentati sia i personaggi che il mondo di Panem nel primo capitolo, Hunger Games: La ragazza di fuoco è libero di sfruttare pienamente ogni potenzialità offerta dal romanzo, superando in coinvolgimento e intrattenimento il precedente capitolo e portando in scena un'analisi politica ben più approfondita rispetto alla carta, dove trova spazio solo la voce di Katniss.
Evidentemente hanno giovato sia il cambio alla regia (Francis Lawrence al posto di Gary Ross) che il cambio alla sceneggiatura (Michael Arndt e Simon Beufoy, il primo premio Oscar per Little Miss Sunshine e il secondo per The Millionaire, al posto dello stesso Ross, dell'autrice Suzanne Collins e Billy Ray).
I romanzi di Suzanne Collins, infatti, appassionanti dal punto di vista emotivo, rimangono privi di un approfondimento politico che vada oltre quello svolto da Katniss  e dalle persone che con lei si relazionano. Di conseguenza la trilogia di Hunger Games ha tutta una serie di potenzialità inespresse che, seppur latenti, rendono attrativa la storia anche a chi ha superato la teen age da un bel pezzo. Gli sceneggiatori hanno afferrato al volo tali potenzialità, dedicando ampio spazio alle figure del Presidente Snow (Donald Sutherland) e del nuovo Stratega dei giochi, Plutarch Heavensbee, rappresentato magnificamente da Philip Seymour Hoffman.
I numerosi personaggi che popolano il romanzo sono maggiormente caratterizzati rispetto al primo capitolo cone qualche efficace pennellata sparsa qua e là, a partire da Katniss che si scopre un'adolescente cresciuta troppo in fretta piena di insicurezze e bloccata dalla paura e dagli incubi. Jennifer Lawrence rappresenta l'umanità del personaggio finalmente venuta alla luce, senza, tuttavia, perdere al contempo la grinta che la contraddistingue.
Peeta, personaggio inizialmente ambiguo nel primo film, mostra la sensibilità e l'innocenza che in realtà lo caratterizzano (un plauso a Josh Hutcherson, che mostra una grande maturità a livello recitativo). Più ai margini Gale (Liam Hemsworth), di cui, comunque, veniamo a conoscere l'intraprendenza e lo spirito rivoluzionario. Tra i nuovi personaggi, emerge in particolare Finnick Odair (Sam Claflin), passato vincitore dei giochi, sfuggente e affascinante, con un passato pesante sulle spalle.
Il ritmo del film è oltremodo avvicente e accattivante; mai un momento di noia in un continuo alternarsi di scene d'azione a scene di intimità familiare e sentimentale: Hunger Games: La ragazza di fuoco finisce con il rivelarsi un film emozionante, coinvolgente e, sorprendentemente, in alcune parti, anche divertente. Era da un po' che 146 minuti non mi volavano così in fretta.

Voto: 7 e 1/2

Se vi è piaciuto, guardate anche... Hunger Games, Orwell - 1984, V per Vendetta


sabato 16 novembre 2013

HUNGER GAMES: CATCHING JENNIFER'S AUTOGRAPH

Foto non fatta da me
Giovedì 14 novembre vado a Roma con poche aspettative. Ho i biglietti per lo spettacolo delle 19.15 di Hunger Games: Catching fire, acquistati su Internet per pura fortuna, e non mi aspetto minimamente di riuscire a scorgere qualcuno o qualcosa sul red carpet. Dal giorno prima, orde di ragazzi stazionano all'Auditorium Parco della Musica che ospita l'evento per accaparrarsi i posti migliori. In più, so che il cast del film parteciperà soltanto alla prima proiezione delle 19, quindi non la proiezione a cui potrò assistere. Il mio morale è comunque alto perché sto andando per la prima volta al Festival del Cinema di Roma e adoro l'aria che si respira ai Festival.
Io e la mia amica (che ringrazio per aver assecondato la mia proposta) arriviamo all'Auditorium con il bus verso le 18.30, quando oramai la sfilata sul tappeto rosso è cominciata.

Ce la farà Antonella a superare indenne questa calca?
Quando arriviamo all'inizio del red carpet, dalle grida capisco che è appena sceso dalla macchina Liam Hemsworth.
A questo punto scatta in me qualcosa. Non posso stare qui e non riuscire a vedere niente!
Dopo aver girovagato un po', riesco ad infilarmi in un punto in cui c'è meno gente, proprio in corrispondenza dell'arrivo delle macchine. Liam Hemsworth a quel punto se ne è andato, ma ecco un po' chi arriva:

Josh Hutcherson in una delle sue pose peggiori


Josh Hutcherson è come te lo aspetti: basso e con la faccia simpatica. Firma un po' di autografi, ma io sono ancora troppo lontana per tentare la sorte.
Lui se ne va e rimaniamo in attesa di lei, la ragazza di fuoco: Jennifer Lawrence. Chissà perché, una signora abbandona la sua postazione e io mi inserisco ancora più avanti. A questo punto sono pronta: braccio teso e foglio in mano!
J.Law (come è stata ribattezzata) arriva. Ovviamente è bellissima. Firma autografi borbottando qualcosa con la sua solita espressione buffa. 
Poi firma anche il mio foglio... Non riesco davvero a crederci!!!
Riesco a fare anche un pessimo video (dopo aver messo l'autografo in borsa lontano da fan indemoniate...)


Dopodiché, purtroppo, Jennifer prosegue per il lunghissimo red carpet e io e la mia amica ci dirigiamo verso l'auditorium. Più avanti riusciamo a scorgere da lontano anche Liam Hemsworth.
A questo punto, più che soddisfatte, entriamo nell'auditorium, i nostri posti sono in galleria, ma sia galleria che platea sono praticamente vuote. Tutti sono ancora fuori.
Dopo una ventina di minuti, la sala comincia a riempirsi. Una ragazza davanti a me si lamenta che Jennifer Lawrence non ha firmato autografi e guarda con quella che credo essere invidia l'autografo che ho io... 
Dopo una mezz'ora, compaiono degli energumeni di fronte al palco ed entra il direttore del Festival Marco Muller, che annuncia:
"Il cast è pronto per venire a salutarvi!"
A questo punto le urla si sprecano!
Grazie al cielo, all'ingresso avevano ritirato i cellulari, altrimenti non avrei visto un bel niente con tutte le persone intente a far foto.
Muller presenta Liam Hemsworth come "il ragazzo che tutte desiderano" e Josh Hutcherson come "il fratello che tutte vorreste avere"... dalle grida mi pare evidente che metà del pubblico in sala non la pensi come lui, comunque...
E infine, presenta i due Lawrence, Francis e ovviamente Jennifer. I due dicono qualche parola, mentre Liam Hemsworth e Josh Hutcherson, che insieme fanno l'articolo il, scherzano e fingono di picchiarsi sul palco. Liam Hemsoworth manda un bacio verso la galleria e dal mio lato volano urla e applausi.
Jennifer Lawrence dichiara che gli italiani sono il pubblico più passionale in assoluto e ci assicura che il film ci sarebbe piaciuto.
Con grande dispiacere di tutti la presentazione finisce e comincia il film.
Come sospettavo, la proiezione è interrotta da frequenti applausi nei momenti cult che chi ha letto il romanzo già conosce, ma per fortuna niente grida all'apparizione di Peeta (Josh Hutcherson), Gale (Liam Hemsworth) o Finnick (Sam Claflin, purtroppo assente alla presentazione).
Il film  e la serata si chiudono nella maniera migliore ovvero con la bellissima Atlas dei Coldplay.


Alla fine, che posso dire? E' stata un'esperienza divertente e appassionante: forse un po' pazzoide, ma chi se ne importa?
Varrà pure qualcosa avere sul comodino l'autografo di un'attrice Premio Oscar e non aver aspettato ore o aver contuso altre persone per averlo.
Per un momento ho pensato di regalarlo a qualche ragazzina in lacrime... ma è stato un momento davvero breve.
Ecco, dunque, il trofeo della giornata: uno scarabocchio più che altro, ma Jennifer Lawrence non è uno scherzo della natura? Una ragazza così bella, ma anche davvero simpatica. E, soprattutto, una grandissima attrice.

mercoledì 13 novembre 2013

NOW YOU SEE ME - I MAGHI DEL CRIMINE


Titolo originale: Now you see me
Paese: U.S.A.
Anno: 2013
Durata: 115 min.
Genere: thriller
Regia: Louis Leterrier
Soggetto: B. Yakin, E. Ricourt
Sceneggiatura: B. Yakin, E. Ricourt, E. Solomon
Cast: J. Eisenberg, M. Freeman, I. Fisher, W. Harrelson, D. Franco, M. Caine, M. Ruffalo, M. Laurent

Now you see me - I maghi del crimine racconta la storia di un gruppo di quattro maghi, noti come I Quattro Cavalieri (Jesse Eisenberg, Isla Fisher, Woody Harrelson e Dave Franco), che durante i propri show compie spettacolari rapine. Sulle loro tracce si mettono l'agente dell'FBI Dylan Rhodes (M. Ruffalo) e l'agente dell'Interpol Alma Dray (Mélanie Laurent).
Il film, diretto dal francese Louis Leterrier (L'incredibile Hulk, Scontro tra titani), porta in scena la magia, un tema caro al mondo del cinema, con cui si mescola sin dalle origini della settima arte, quando George Méliès ingannava gli spettatori con i suoi trucchi.
Oggi la magia non è più il mezzo attraverso cui realizzare gli effetti speciali, ma entra direttamente nel racconto, divenendone l'oggetto principale.
In Now you see me essa rappresenta il mezzo attraverso cui i protagonisti commettono incredibili rapine, al limite di ciò che è umano e possibile. 
Era dai tempi di Ocean's eleven di Steven Soderbergh che non si vedeva un film capace di mescolare intrighi e divertimento, costituente un'opera stimolante e intrigante.
Se, però, Ocean's eleven riusciva a mantenere il ritmo alto per tutto il corso di film, rappresentando prima i preparativi della rapina e successivamente mostrandone la realizzazione, Now you see me compie l'operazione inversa, portando in scena dapprima ogni rapina e fornendone in un secondo momento la spiegazione.
Purtroppo, il film va perdendo con il dispiegarsi della storia il buon ritmo con cui comincia e si conclude con un finale piatto e deludente, se non addirittura ridicolo, decisamente non all'altezza delle aspettative.
Occorre, infine, non dimenticare l'ottimo cast, che affianca giovani e talentuosi attori (Jesse Eisenberg, Mélanie Laurent e Dave Franco) a ottimi attori rimasti per molto tempo ai margini di Hollywood (Woody Harrelson e Isla Fisher) e interpreti che non hanno bisogno di essere presentati (Morgan Freeman e Michael Caine, di nuovo insieme dopo la trilogia di Batman di Christopher Nolan).

Voto: 7-

Se vi è piaciuto, guardate anche... Ocean's Eleven, The Prestige, The illusionist, In trance

lunedì 11 novembre 2013

Leonardo DiCaprio Day: NESSUNA VERITA'

Titolo originale: Body of lies
Paese: U.S.A.
Anno: 2008
Durata: 128 min.
Genere: azione, thriller, spionaggio
Regia: Ridley Scott
Soggetto: D. Ignatius
Sceneggiatura: W. Monahan
Cast: L. DiCaprio, R. Crowe, M. Strong, G. Farahani, O. Isaac, V. Colosimo, M. Gaston

Roger Ferris (DiCaprio) è una spia della CIA operativa in Iraq. Dopo essere rimasto gravemente ferito in uno scontro a fuoco, viene trasferito dal suo capo Ed Hoffman (Crowe) in Giordania, dove si nasconde una cellula terroristica legata ad Al Qaeda. Il suo compito è quello di stanare il famigerato terrorista Al Saleem con la collaborazione dei servizi segreti giordani diretti dall'enigmatico Hani Salaam (Strong).
Ridley Scott costruisce un ottimo film d'azione, dal ritmo incalzante e avvicente, ambientato in un contesto spionistico nel quale non mancano elementi thriller.
Ciò avviene senza ledere la parte del film dedicata alle riflessioni sulla politica americana in Medio - Oriente, con particolare riferimento ai metodi utilizzati per la lotta al terrorismo quali la tortura, che viene condannata categoricamente. 
La CIA rappresentata dal regista americano è un'organizzazione cinica e prepotente, che agisce in spregio dei diritti umani e in difetto di una reale conoscenza del territorio sul quale si trova ad operare.
Il personaggio di Ed Hoffman rappresenta eccellentemente l'individualismo e l'egocentrismo dei governanti che mandano al macello i propri soldati. Dall'altro lato troviamo Hani: a capo dei servizi segreti giordani, mira soprattuto alla sicurezza del suo territorio, da ottenere attraverso l'alleanza con il governo americano, che quest'ultimo non deve interpretare come una svendita.
Tra i due personaggi e le due mentalità c'è Roger Ferris, colui che agisce sul campo, che, confuso e arrabbiato, lentamente comprende gli errori commessi dagli altri e ne rimane irrimediabilmente vittima.
Il film offre le tre diverse prospettive, senza offrire nessuna verità: chi ha ragione? Chi esaspera lo scontro di civiltà? Chi cerca di mitigare le differenze? Chi esige senza compromessi il rispetto delle proprie tradizioni?
Sebbene il film tenti di essere obiettivo, Ridley Scott strizza l'occhio soprattutto verso il personaggio di Roger Ferris. Il finale del film non sembra tuttavia confidare che la storia - la grande Storia - seguirà in tempi brevi la strada della mediazione e del rispetto reciproco, per quanto ognuno nel suo piccolo possa cambiare atteggiamento.

Voto: 8

Se vi è piaciuto, guardate anche... Argo, State of Play, Fair Game, Il fondamentalista riluttante



 La recensione di Nessuna verità fa parte dei festeggiamenti organizzati per il #LeonardoDiCaprioDay
Forse non tutti sanno che Leonardo DiCaprio è il mio attore preferito da quando avevo 11 anni, da quando cioé lo vidi per la prima volta al cinema in Titanic.
Da allora nella mia vita sono cambiate tante cose, ma lui è rimasto una certezza.
Proprio oggi Leonardo compie 39 anni. Chissà in quale modo festeggerà!
Come blogger non posso fare altro che augurargli buon compleanno e dedicargli questa giornata speciale.
Ecco gli altri blog partecipanti al #LeonardoDiCaprioDay:

Cooking Movies
Director's Cult
La fabbrica dei sogni
Life Functions Terminated
Montecristo
Movies Maniac
Pensieri Cannibali
Recensioni Ribelli
Scrivenny 2.0
Solaris

Buon compleanno Leo e buoni festeggiamenti!


sabato 9 novembre 2013

Li teniamo d'occhio... JOSH HUTCHERSON

 
Dopo Jennifer Lawrence e Liam Hemsworth, la rubrica ospita il terzo protagonista di Hunger Games, ovvero Josh Hutcherson, che a soli 21 anni ha già al suo attivo una lunga carriera, avendo cominciato a recitare nel 2002, quando prese parte ad un episodio della serie E.R. - Medici in prima linea.
I suoi primi ruoli importanti arrivano all'età di tredici anni, quando doppia il personaggio di Markl in Il castello errante di Howl e partecipa ai film Derby in famiglia, Innamorarsi a Manhattan e Zathura - Un'avventura spaziale. 
Nel 2006 è il figlio di Robin Williams in Vita da camper ed è protagonista di Un ponte per Terabithia, remake del film del 1987.
Successivamente recita in Viaggio al centro della terra 3D (2008), Aiuto vampiro (2009) e in I ragazzi stanno bene (2010): un ruolo un po' più di spessore per l'attore, che interpreta il figlio della coppia composta da  Annette Bening e Julianne Moore.
Nel 2012 recita in Viaggio nell'isola misteriosa, sequel di Viaggio al centro della terra 3D, ma la definitiva fama arriva chiaramente con Hunger Games: Josh Hutcherson interpreta Peeta Mellark, il figlio del fornaio concorrente ai giochi organizzati nello Stato di Panem, innamorato da sempre della rivale Katniss Everdeen (Jennifer Lawrence).
Ovviamente ritroveremo Josh in Hunger Games: La ragazza di fuoco, in anteprima al Festival Internazionale del Film di Roma il prossimo 14 novembre e in uscita in tutte le sale italiane il 27, oltreche negli ultimi due film della saga (Hunger Games: Il canto della rivolta, Parte I e Parte II, in uscita nel 2014 e nel 2015). 
Nonostante Josh non sia esattamente il classico belloccio che piace alle ragazzine, può contare su una nutritissima schiera di fan (ad oggi ha poco più di due milioni di follower su Twitter) e ha dalla sua simpatia e scioltezza innate, che molto probabilmente gli permetteranno di costruirsi una carriera ben oltre gli Hunger Games.

mercoledì 6 novembre 2013

PACIFIC RIM


Titolo originale: Pacific Rim
Paese: U.S.A.
Anno: 2013
Genere: fantascientifico
Durata: 131 min.
Regia: Guillermo Del Toro
Sceneggiatura: Guillermo Del Toro, Travis Beacham
Cast: Charlie Hunnam, Idris Elba, Rinko Kikuchi, Charlie Day, Ron Perlman, Ellen McLain, Robert Maillet, Robert Kazinsky, Burn Gorman

Pacific Rim è un film fantascientifico del 2013 diretto da Guillermo Del Toro ispirato a storie raccontate in manga e anime giapponesi.
Raleigh è un ex pilota di Jaegars, enormi macchine che gli uomini hanno costruito dopo che gli alieni, sotto la forma di mostri giganteschi denominati Kaiju, hanno trovato il modo di raggiungere la Terra attraverso un portale interdimensionale sul fondo dell'Oceano Pacifico. Sconvolto dalla morte del fratello avvenuta durante un combattimento e trasferitosi in Alaska dove lavora come operaio, Raleigh viene raggiunto dal suo vecchio comandante affinché torni a combattere in uno scontro che deciderà le sorti del pianeta.
Guillermo Del Toro dirige un film privo di pretese, che scorre senza esiti imprevedibili o avvenimenti inaspettati. La tipica storia hollywoodiana di deriva e redenzione viene sapientemente rappresentata attraverso storie e personaggi che appartengono alla cultura giapponese. Del Toro riesce a trovare il giusto equilibrio tra le due tradizioni cinematografiche, realizzando un lavoro privo di sbavature, un film divertente e gradevole che distrae e stupisce lo spettatore. Gli effetti speciali sono, infatti, esorbitanti ed esagerati e rendono la pellicola quel grosso giocattolo che è ardentemente desiderato da ogni bambino, ma che è troppo grande per entrare in casa.
Parallelemente alla storia principale, si svolge una sottotrama, ovvero la ricerca del cervello dei Kaiju nel mercato nero da parte dello scienziato Newton. Come i Jaegers sono macchine esageratamente grandi, parimenti il mercato nero di Hong Kong è esageratamente bizzarro e colorato: ed è qui che emerge l'influenza del regista de Il labirinto del fauno, capace di rappresentare ogni stranezza impensata e impensabile che può essere venduta in un mercato nero. Un tocco personale che rende Pacific Rim, nonostante la storia assolutamente lineare e banale, un prodotto unico nel suo genere.

Voto: 6

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lunedì 4 novembre 2013

WORLD WAR Z


Titolo originale: World War Z
Paese: U.S.A., Malta
Anno: 2013
Durata: 113 min.
Genere: catastrofico, horror
Regia: Marc Forster
Soggetto: Max Brooks (romanzo World War Z. La guerra mondiale degli zombie)
Sceneggiatura: D. Lindelof, M. M. Carnahan, D. Goddard, J. M. Straczynski
Cast: B. Pitt, M. Enos, D. Kertesz, J. Badge Dale, D. Morse, F. Mokoena, P. Favino

World War Z è un film del 2013 diretto da Marc Forster (Il cacciatore di aquiloni, Neverland), basato sul romanzo omonimo di Max Brooks.
Gerry Lane (Brad Pitt) è un ex funzionario delle Nazioni Unite, che ha rinunciato al lavoro per stare vicino alla famiglia, composta dalla moglie Karen (Mireille Enos) e da due bambine. Una mattina, che sembra come tutte le altre, Gerry e la sua famiglia, come l'intera popolazione mondiale, devono affrontare un'improvvisa e inaspettata invasione di zombie. Il governo degli Stati Uniti offre loro protezione, purché Gerry sia disposto ad indagare sull'origine dell'epidemia. 
Il film di Marc Forster mostra l'intento di affrancarsi sia dal genere horror che dal genere catastrofico, avvicinandosi contemporaneamente al tentativo che aveva fatto Steven Soderbergh con Contagion di spogliare i generi suddetti dagli elementi più contradditori ed esasperati, realizzando un'opera in sé completa e razionale, maggiormente assimilabile ad un thriller fantascientifico.
Tuttavia, Marc Forster è ben lontano dal centrare l'obiettivo (e forse non ci era riuscito nemmeno Soderbergh che aveva realizzato una pellicola abbastanza noiosa): il risultato ottenuto è quello di un film freddo e monotono, che non coinvolge lo spettatore nella soluzione dell'enigma (come bloccare l'epidemia) e solo a tratti offre momenti di paura e di suspence, avendo rinunciato ai "vantaggi" offerti dal genere horror e dal genere catastrofico.
Infatti, sebbene il film all'inizio abbia un buon ritmo, con il prosieguo della storia lo perde completamente e tutto ciò che succede è di portata notevolmente inferiore rispetto all'iniziale invasione degli zombie, fino ad un finale scontato che lascia decisamente poco fiato sul collo.
Per quanto riguarda gli interpreti, Brad Pitt recita con una totale mancanza di convinzione in un ruolo che di per sè non gli si addice e al quale lui stesso non si sforza di adattarsi, mentre una menzione speciale va al nostro Pierfrancesco Favino (oramai definitivamente lanciato nel panorama internazionale), che interpreta un medico italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.
In poche parole, occorre domandarsi: c'era davvero la necessità di un nuovo film sugli zombie? Questa domanda può valere, oramai, per qualsiasi genere, dal momento che, dopo un secolo di vita del cinema, è difficile che temi ed argomenti non siano stati esplorati da altri. Indubbiamente sono necessarie capacità di innovazione e capacità di raccontare per distinguersi dai propri precedessori: capacità che mancano completamente in chi ha scritto e diretto World War Z. 
L'unica nota particolare del film che mi sento di sottolineare è una circostanza assolutamente estranea ad altre opere assimilabili: per una volta non sono gli Stati Uniti a salvare il genere umano. Sono l'O.N.U. e l'Organizzazione mondiale della sanità a scoprire le origini dell'epidemia e a trovare un vaccino per arrestarla. Una grande prova di fiducia nei confronti delle organizzazioni internazionali che merita di essere ricordata.

Voto: 4 e 1/2

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domenica 3 novembre 2013

AFTER EARTH


Titolo originale: After Earth
Paese: U.S.A.
Anno: 2013
Durata: 100 min.
Genere: fantascientifico
Regia: M. Night Shyamalan
Soggetto: Will Smith
Sceneggiatura: M. Night Shyamalan, S. Gaghan, G. Whitta
Cast: W. Smith, J. Smith, S. Okonedo, Zoe Kravitz, D. Denman, G. Morshower

After Earth è un film fantascientifico del 2013, basato su un soggetto di Will Smith e diretto da M. Night Shyamalan, noto al grande pubblico come regista de Il sesto senso.
Un migliaio di anni dopo che la Terra è stata distrutta da inquinamento e cataclismi, gli umani popolano il pianeta Nova Prime. Il generale Cypher Raige (Will Smith) torna a casa dopo una lunga missione e tenta di ricostruire il suo rapporto con il figlio Kitai (Jaden Smith). Durante un viaggio nello spazio, l'astronave in cui i due si trovano viene travolta da una pioggia di asteroidi e precipita sulla Terra, oramai abitata unicamente da creature sconosciute.
Ciò che emerge dalla visione di After Earth è l'impressione che la pellicola rappresenti soprattutto un'occasione sprecata. Il film, infatti, avrebbe potuto dare inizio ad una nuova saga fantascientifica, mentre si rivela un'opera che esaurisce in se stessa la propria forza e la propria creatività.
La scelta degli autori, infatti, è stata quella di puntare soprattutto sugli effetti speciali e ciò a totale discapito della sceneggiatura, che risulta carente sia sotto il profilo dei dialoghi che sotto quello dell'intreccio.
Anche la recitazione dei due protagonisti - Smith padre e Smith figlio - non è affatto convincente e nel raccontare il percorso di crescita di Kitai e il suo rapporto problematico con il padre, il film non è in grado di sfruttare la relazione reale che esiste tra i due attori, i quali appaiono ben lontani dal mostrare una qualche sorta di complicità sia nella fase di scontro che nella fase di riunione del racconto.
Alla fine, After Earth si rivela maggiormente vicino ad un videogioco che ad un'opera cinematografica, incapace com'è di integrare brillantemente effetti speciali e narrazione.
Voto: 5

Se vi è piaciuto guardate anche... Avatar, Cloud Atlas, Hunger Games

venerdì 1 novembre 2013

THE FABULOUS 80'S SPECIAL: DIRTY DANCING - BALLI PROIBITI


Questo post fa parte della rassegna The Fabulous 80's Special organizzata da La Fabbrica dei Sogni, dedicata a film usciti nei mitici anni Ottanta.
Per l'occasione ho scelto un film cult della mia vita, che ho visto all'incirca 140 volte (e scommetto di non essere l'unica): Dirty Dancing - Balli proibiti.


Titolo originale: Dirty Dancing
Paese: U.S.A.
Anno: 1987
Genere: romantico, musicale
Durata: 100 min.
Regia: Emile Ardolino
Sceneggiatura:Eleanor Bergstein
Cast: Patrick Swayze, Jennifer Grey, Jerry Orbach, Kelly Bishop, Cynthia Rhodes, Jane Brucker, Jack Weston, Max Cantor, Wayne Knight

Dirty Dancing - Balli proibiti è una delle commedie romantiche più famose della storia del cinema, uno di quei film riproposti ogni anno nel palinsesto televisivo, perché nessuno (o quasi) si stanca mai di vederlo.
Per chi non ancora conoscesse il film, la storia è semplice: nell'estate del 1963, la famiglia Houseman, composta da madre, padre e due figlie, si reca in vacanza nel villaggio turistico di proprietà del sig. Kellerman. Qui Frances, detta Baby (Jennifer Grey), la figlia minore e preferita del padre, conosce Johnny Castle, maestro di ballo del villaggio, di cui si innamora.
Il principale merito di Dirty Dancing è stato quello di essere riuscito a coniugare la magia del primo amore con la magia del ballo, un'impresa tentata da diversi film successivi, che invano hanno provato a replicarne il successo.
Baby è l'adolescente normale, in cui è facile identificarsi, che trova il grande amore in vacanza: un sogno che accomuna la stragrande maggioranza delle adolescenti. Johnny è un ballerino bello e affascinante, che si innamora dell'adolescente bruttina: e anche quello è il sogno di molte ragazze. L'intero film è attraversato dalla tensione sessuale tra i due, che si manifesta attraverso scene di mambo indimenticabili.
Il tutto è accompagnato da una critica alla mentalità puritana americana, che non guasta, anche se portata avanti attraverso dialoghi abbastanza scontati.
Bellissima la colonna sonora, tipicamente anni Ottanta, che va da (I've had) the time of my life (Premio Oscar 1988 come migliore canzone) a Hungry Eyes, passando per canzoni non originali degli anni Sessanta, come Be my baby.
Le scene di ballo sono girate eccellentemente dal regista Emile Ardolino, che aveva al suo attivo un documentario sulla danza vincitore del premio Oscar nel 1984, e che successivamente ha diretto anche un altro film musicale passato alla storia: Sister Act.
Forse non tutti sanno che Dirty Dancing ha avuto un seguito nel 2004: Dirty Dancing 2: Havana Nights, ambientato a Cuba all'avvento della caduta del regime di Fulgencio Batista. Un'opera tutto sommato godibile, che vanta anche la presenza del compianto Patrick Swayze in un piccolo cameo.

Voto: 7 e 1/2

Se vi è piaciuto guardate anche... Footloose, Dirty Dancing 2: Havana Nights, Shall we dance